copDARKEND(Non Serviam Records) Nel 2012 Dani Filth mi disse, parlando degli italiani Darkend qualcosa come “mi ricordano una specie di Cradle Of Filth più giovani, con dentro degli elementi di sonorità mediterranee”. Niente di più sbagliato, ed anche niente di più corretto. I Darkend provengono da un percorso complesso ed impegnativo. Con “Damned Woman and a Carcass”, in una line up primordiale, si abbandonavano ad un symphonic black furioso, con molta influenza proveniente proprio dal Suffolk. “Assassine” alzava il tiro, si iniziava ad avere una line up più stabile, con un front man che -con gli anni- avrebbe ridefinito l’immagine stessa della band. Poi venne “Grand Guignol – Book I”. Una svolta. Una svolta stilistica, una rivoluzione spirituale, una nuova immagine, una nuova visione, un nuovissimo approccio scenico, sia in studio che sul palco. Proprio relativamente a “Grand Guignol”, scrissi: “un album che è una preghiera, un anatema, una condanna, un sortilegio”… e questo senza immaginare cosa sarebbe venuto dopo. Anzi, forse percepivo una presenza immonda, tanto che aggiunsi “una rappresentazione del delicato equilibrio tra realtà cosciente ed onirica, disperso nei labirinti della magia, la quale verrà ulteriormente sviluppata nel secondo capitolo di questo album, dando luogo ad un sequel che completerà il cerchio”. “Canticle…” non è il sequel, ed il cerchio si chiude per poi aprirsi nuovamente, in modo tale che oggi le profezie si avverano, gli inferi si aprono, i cieli si oscurano. “The Canticle Of Shadows” spinge in alto, innalza il punto di vista, mostra tutto da una nuova prospettiva, una diversa prospettiva, una prospettiva piena di crudele obiettività (è bellissimo da qui, sai?). Sette grandiose tracce che scandiscono un rituale complesso, che danno forma alla magia. Sette immense tracce che orbitano attorno a Saturno, al suo significato, alla sua genesi della paura, al suo capovolgimento, alla vendetta concettuale contro assurde regole umane auto imposte. Una liturgia oscura che accarezza l’abisso, che celebra il vuoto, che spinge oltre l’impervio, abbracciando la gioia, abbracciando il dolore, verso un innalzamento ed un distacco da una condizione umana sempre decrepita e irreversibilmente decadente. “Clavicula Salomonis” è irresistibile: un impatto sonoro travolgente, ricco di dettagli progressivi che raggiungono la vetta su un refrain superbo, pieno di chitarre taglienti, keys imperiali e drumming elaborato ma brutale. “Of The Defunct” è tetra: un black feroce, tirato, ma anche melodico in forma deviata e teatrale che accompagna verso un finale dal gusto trionfale, sublime. La vena progressiva dei Darkend (progressive black metal?) emerge con ulteriore prepotenza sul capolavoro “A Precipice Towards Abyssal Caves (Inmost Chasm, I)”: un pezzo tuonante, con divagazioni quasi death metal che sono in totale contrapposizione alla vena sinfonica poi destabilizzata da un melodic death a sua volta cancellato da quel sassofono così decadente, così glorioso, così celeste, così infernale, così aggressivamente supportato dalle poderose chitarre e da un drumming inconsueto se collocato sotto l’armoniosa espressività del sassofono. “Il Velo delle Ombre” apre una parentesi lirica in lingua madre (oltre a Latino ed Inglese ampiamente diffusi sull’album), un pezzo inquietante, forse la versione musicale di un celebre dipinto del Goya. Immensa “A Passage Through Abysmal Caverns (Inmost Chasm, II)”, dove il livello tecnico e progressivo viene ulteriormente esaltato, ancora grazie ad un drumming superbo, aad rrangiamenti intelligenti, a cambi e parentesi teatrali, il tutto dominato da un refrain memorabile, unico, indimenticabile. Letale e cinematografica “Sealed In Black Moon And Saturn”, mentre “Congressus Cum Dæmone” scatena rabbia, genere inquietudine, materializza rassegnazione e chiude un album che è solo un inizio, solo il portale verso una dimensione ignota, verso un viaggio senza meta e senza fine. I Darkend dimostrano un enorme esempio di costanza ed impegno. Una sconvolgente crescita artistica supportata da una band che crede nella sua stessa essenza, tanto da riuscire a coinvolgere nomi di altissimo livello, come Labes C. Necrothytus degli Abysmal Grief (“Velo delle Ombre”), Niklas Kvarforth degli Shining (“A Passage Through Abysmal Caverns (Inmost Chasm, II)“, Sakis Tolis dei Rotting Christ (“Congressus Cum Dæmone”) e sua maestà Attila Csihar (“Of The Defunct”). Un album caldo, intenso, emozionale. Dani non sbagliava quando parlava di sonorità mediterranee. Ma la somiglianza a bands come i Cradle o a qualsivoglia standard symphonic è defunta. Scomparsa. Sepolta negli albori della carriera dei Darkend. Oggi inizia un nuovo giorno. Questa è l’alba di una nuova era. È l’inizio di un rituale evolutosi in musica. È un’energia intensa, fuori controllo, vera ma crudele, sincera ma perversa. Come il pianeta che lo ispira, “The Canticle Of Shadows” è l’essenza del freddo, del rallentamento dell’esistenza fino ad una longeva sospensione eterea in una dimensione che non è morte. Non è sonno. E nemmeno vita.

(Luca Zakk) Voto: 10/10

Streaming dell’album qui.