(Nuclear Blast-Audioglobe) E’ del tutto superfluo annunciare che attorno a questo “Ascending to Infinity” si era creata una attesa spasmodica: dopo lo split più cortese della storia della musica, Turilli aveva preso con sé Dominique Lerquin e Patrice Guers e si era subito dedicato alla composizione di nuovo materiale, mentre i superstiti Rhapsody of Fire (compreso Alex Holzwarth, che ha continuato a collaborare pure con Turilli fino a poco fa!) si lanciavano in nuovo tour che sembra non aver ottenuto tutto il successo sperato – e molti di voi avranno notato che la band di Lione e Staropoli non figura più sotto contratto per la Nuclear Blast. Ora, dopo una attesa relativamente breve, esce questo “Ascending to Infinity”, che il chitarrista triestino ritiene l’undicesimo album dei Rhapsody, pur lasciando intendere nelle sue dichiarazioni che la prossima produzione dei Rhapsody of Fire andrà anch’essa classificata come tale… boh. Forse la cosa migliore è lasciar parlare la musica: e nessuno potrà negare che ci troviamo di fronte a un ottimo disco, con un songwriting degno delle migliori cose della ‘band madre’ e sicuramente superiore a quello di “From Chaos to Eternity”. L’intro “Quantum X”, con qualche suono elettronico, ci lascia subito intendere che Luca non ha semplicemente copiato sé stesso o il Rhapsody-sound; e conseguentemente la titletrack ha in sé del nuovo e dell’antico. Il tarantella-style imperversa all’inizio del brano, che poi si distende per permettere al bravissimo nuovo cantante Alessandro Conti (che non fa rimpiangere Fabio Lione) di esibirsi sul chilometrico ritornello. Nella seconda parte del pezzo non manca un breve interludio classico, ma il tutto è un po’ più snello e spedito delle ultime produzioni rhapsodyane. Bene così! “Dante’s Inferno” è la canzone più operistica del lotto e convince subito per una accoppiata strofa/refrain facile da cantare già al primo ascolto. “Excalibur” rappresenta invece l’esito più medievaleggiante, e quindi in certo modo più ‘classico’, dell’intero disco: direi che siamo dalle parti delle composizioni di “Dawn of Victory”. “Tormento e passione” e “Luna” sono i due brani interamente (o quasi) in italiano: un pezzo lirico il primo, con vocals d’effetto e molto riuscite, una power ballad appena vagamente metal la seconda, con un testo forse troppo aulico e non esente da qualche passaggio troppo semplice, ma comunque trascinante e cantata da un Conti in stato di grazia. “Dark Fate of Atlantis” è giustamente il singolo scelto per promuovere l’album: arrembante, dinamico e molto immediato. E arriviamo così ai sedici minuti di “Of Michael the Archangel and Lucifers Fall”: i Rhapsody ci hanno già abituato a composizioni lunghissime e questa sicuramente non sfigura di fronte all’illustre passato, aiutata certamente da una produzione mastodontica e da un chorus avvolgente e drammatico. E allora bando ai pettegolezzi, a seguito della pericolosa separazione Turilli ha sicuramente risposto presente (e buona parte del merito va al suo nuovo cantante): c’è ancora spazio sul mercato per l’Hollywood Metal dei Rhapsody, magari un po’ meno fantasy e un po’ più ‘cinematic’, come ama dire il guitarist, ma direi proprio che ci ‘accontentiamo’ di “Ascending to Infinity”.

(Renato de Filippis) Voto: 8/10