(Limb Music) Dalle nebbie di un remoto passato si fa strada nella mia mente il nome dei Symphonity, originariamente chiamati Nemesis, che negli anni 2000 (forse un minimo in ritardo sulla ‘grande ondata’ 1997-2002) pubblicarono due ottimi album di symphonic power metal. “King of Persia” è il loro terzo disco: ha avuto una registrazione tribolata, iniziata addirittura nel 2013, e vede avvicendarsi dietro al microfono due vecchie glorie della decade scorsa, Olaf Hayer ed Herbie Langhans. “The Choice” è subito power scandinavo, con lontane reminiscenze dei Sonata Arctica e degli Stratovarius, e riferimenti molto più vicini agli At Vance o agli Heavenly. In “In the Name of God” riaccolgo Hayer, che era completamente sparito dai monitor da diverso tempo; ballatona con accenni sinfonici (e un passaggio quasi da Queen) con “A Farewell that wasn’t meant to be”. Dopo il breve ma toccante episodio acustico “Siren Call”, abbiamo un tuffo nel sound anni ’80 con “Live to tell the Tale”; a chiusura del disco c’è naturalmente la suite-titletrack, che fra toni orientaleggianti e improvvise accelerazioni mantiene desta l’attenzione per tutti i suoi nove minuti di durata. “King of Persia” andrà inevitabilmente nelle mani nei nostalgici, ma merita certamente una chance.

(René Urkus) Voto: 7,5/10