(autoproduzione) Slechtvalk in olandese vuol dire il ‘falco pellegrino’ e fu il nome scelto da Schmgar per dare un’identità alla propria e autonoma avventura solista che lo portò a incidere nel 2000 “Falconry”. Quell’album era segnato da un pesante symphonic black metal, poi Slechtvalk smise di essere una one man band due anni dopo attraverso una formazione completa e autrice dell’album “Where Wandering Shadows and Mists Collide”. Il tempo porta gli olandesi a realizzare altri tre album, compreso il succitato. Quinto lavoro segnato da elementi black, blackened e fortemente epici per siglare un pagan aggressivo, decorato da motivi melodici forti e maestosi. Alcune progressioni, scatti, idee, sembrano arrivare da Cradle Of Filth e Dimmu Borgir, ma contestualmente si parla di un pagan-black metal solido, composto con partiture che si incastrano alla perfezione. Un album che non conosce cali “Where Wandering Shadows and Mists Collide”: i momenti irruenti e marcati da blast beat a mitraglia sono seguiti da scansioni marziali oppure da ritmi epici, queste parti vengono poi allacciate da soluzioni del riffing spedite e varie. Un gioco al duello per chitarre e batteria. Mai una tastiera invasiva, mai un tappeto dei tasti bianchi e neri tale da seppellire l’ossatura ritmica e la coltre delle chitarre. Il basso crea sostrati con groove e buoni a dare spessore a un sound architettato magnificamente da Lasse Lammert, già produttore con Alestorm, Gloryhammer e altri. Un’autoproduzione “Where Wandering Shadows and Mists Collide”, eppure concepita con mezzi e intenzioni di prima classe.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10