copdeathss(Lucifer Rising Records) Il profeta ha mentito. La profezia era falsa. O era errata. Il settimo sigillo doveva essere la fine di tutto. L’apocalisse di un inferno che durava da trent’anni. Ma il purgatorio è un posto strano. Deviato. Un luogo transitorio. Uscirne è possibile, forse verso un paradiso perdito, forse verso un la dannazione, un diabolico ritorno alla vita, all’agonia di una esistenza oscura, macabra, occulta. E proprio da sotto la lapide che li commemorava, satanico epitaffio ai signori della notte, essi gridano, risorgono, e ritornano a solcare la terra dei viv. I Death SS sono tornati. Brutali come non lo sono mai stati. Non so quali siano le ragioni di questo ritorno, ma il mondo può anche bruciare, esplodere, collassare, non importa più nulla, tranne avere la consapevolezza che questo EP è il prologo dell’ottavo sigillo, il nuovo sigillo, previsto per marzo. Prologo che offre una devastante anticipazione con la opener e title track. Una canzone feroce, terribile, una spada del giudizio che si abbatte, scintillando, sulla testa, spaccando il cranio, lacerando il cervello, togliendo la vita. Potente e veloce, il pezzo offre un ritornello irresistibile e letale. Questo pezzo è l’unico, come dichiara la band stessa, ad anticipare il contenuto del prossimo album che si intitolerà “Ressurection”. E se questa è l’anteprima, allora le profezie vanno aggiornate. La vera fine del mondo è da mettere in agenda per marzo. Ci rimangono poco più di due mesi poi, finalmente, l’apocalisse. Questo EP rappresenta la colonna sonora del film omonimo, di John Morrison, realizzato dalla Scuola Nazionale Cinema Indipendente. Oltre alla title track, i Death SS ci offrono altri quattro pezzi di alto livello; “Painting Breath” è subdola. Lenta ed inquietante, alimenta le paure più nascoste dentro l’io. “Abnormal”, un remake della canzone presente sull’album “Humanomalies”, qui con qualche effetto elettronico in meno, risulta efficace e malata. “Dreamland”, pezzo ambient basato sulle tastiere, rende l’EP sempre più inquietante, nuovo cibo per nuovi incubi. La conclusiva “Witches’ Dance” è stupenda; un pezzo che riesce ad essere heavy, ad essere rock, ma che include pesanti influenze dark e gothic, quasi a sfiorare il genere dei Rammstein, con quel perverso riff di tastiera, quel ritornello semplicemente scritto ispirandosi agli inferi più profondi e peccaminosi. “Un altro” esempio della flessibilità compositiva della band, che dal 1977 risulta essere unica, superba, sublime, senza dubbio la miglior band metal Italiana di ieri, di oggi, di domani. Steve e la sua band sono tornati. 666 copie di questo EP, per seicentosessantasei adepti. Io sono il numero trecentodiciasette. L’EP è già sold out. Sto parlando di un instant cult. Seicentosessantasei eletti. Oppure seicentosessantasei dannati. Tutti gli altri? Per loro, per voi, l’apocalisse sarà triste. Non avrà il delicato sapore del sangue, non offrirà visioni di eccitanti vampirismi, di erotiche messe nere. Semplicemente questo è il prologo del prossimo nuovo testamento. Il sommo sacerdote  Steve Sylvester è tornato dal mondo dei morti. I Death SS alzano i calici, e brindano all’oscuro. Che il sabba abbia inizio. Di nuovo. E per sempre.

(Luca Zakk) Voto: 9/10

(Lucifer Rising Records) Noi in Italia abbiamo il Vaticano, ma noi metallari italiani potremo sempre essere orgogliosi di avere Steve Sylvester e i Death SS. Tra qualche mese ritornano con il nuovo album, dopo sei anni dall’ultimo e simbolicamente intitolato “Resurrection”. C’è un video che circola, giusto per preparare l’ambiente e adesso un EP limitato a 666 copie. Due sono di Metalhead, ma c’è la caccia ad una terza. Steve Sylvester ha voluto precisare che i contenuti di “The Darkest Night”, esclusa l’iniziale title track, non hanno nessuna attinenza musicale con il prossimo album. I pezzi in realtà costituiscono una colonna sonora di un omonimo film di John Morrison, realizzato con la Scuola Nazionale Cinema Indipendente. L’opener è la tipica canzone dei Death SS: gelida bellezza, dannatamente heavy e immediatamente assimilabile. La ritorveremo nel futuro album. “Panting Breath” è soave, nei suoni, notturna, nelle melodie. Un ammasso di tastiere che procedono, base del tempo elettronica e una chitarre che favoleggia insieme alla voce di Steve. “Abnormal” viene riproposta in chiave electro-industrial, in cui le chitarre sono roboanti e il clima generale è ovviamente incalzante ed anfetaminico, ma senza perdere la radice gotica delle melodie. “Dreamland” è fatta di synth. Totalmente strumentale e perfetta come appoggio di qualche scena del film in cui sta per accadere qualcosa. Un pezzo che ha suspence e bellezza musicale. “Witches’ Dance” è un metal andante e con un ritornello molto classic heavy, un pulsare del basso febbrile e poi i synth che sembrano un cuore tormentato. La canzone possiede qualcosa del gothic, ha un’atmosfera nera e un ritmo peccaminoso. Finito, ora c’è da aspettare marzo, salvo cambiamenti.

(Alberto Vitale) Voto: i Death SS ritornano e stiamo a pensare al voto? Suvvia!