(Aural Music) Stoner? Sludge? Progressivo? È molto difficile classificare con precisione gli italiani Void of Sleep, attivi da un decennio e giunti al terzo album, dopo cinque anni di silenzio discografico. Il loro è rock un decadente, ricco di dettagli post metal, supportato da una tecnica sopraffina ed una autentica fede per teorie progressive le quali a tratti evadono verso con un remoto gusto jazz. Certo, c’è lo stoner. Un po’ di sludge. C’è una forte dose psichedelica. Ed è innegabile una atmosfera progressiva ad ampio spettro anche temporale (si arriva agli anni ’70), evidenziata da tempi complessi, cambi repentini, linee di basso e pattern di batteria suggestivi. “Metaphora” è un percorso contorto, ma coinvolgente. Un sentiero musicale tortuoso, difficile, ma capace di offrire un panorama mozzafiato unico, il quale annulla completamente la fatica della salita, della marcia, del percorso. Forse un piccolo punto debole è rappresentato dalle linee vocali, buone, curate, ma a tratti non evocative ed ipnotiche tanto quanto la musica; ma è solo un’impressione, una percezione contorta dal fatto che i Void of Sleep non creano musica convenzionale, quindi l’ascoltatore ha bisogno di ripetuti ascolti per capire a fondo l’intera dimensione sonora proposta. Mestizia con l’intro “The Famine Years”, nel quale una chitarra acustica crea una brillantezza tetra. La lunga “Iron Mouth” apre le porte al mondo dei Void of Sleep, con pesantezza sonora, vocals che spaziano da un clean oscuro fino a cenni più aggressivi, accompagnando il brano verso quel jazz gotico oscuro, materializzando atmosfere tetre, scatenando qualità tecniche immense. Il crescendo verso una grandezza teatrale di “Waves of Discomfort” sfocia nello stoner di “Unfair Judgements”, una canzone che poi prende una strada che ricorda deliziosamente i Katatonia. Più graffiante “Master Abuser”, brano nel quale esplode anche una voce growl, oltre alle dispersioni ambient dal sapore elettronico, un basso granitico, improvvisazione di alto livello, suoni sci-fi con diramazioni industrial. Progressiva al massimo “Modern Man”, fin dai primi istanti: c’è malinconia, c’è rabbia, ci sono dettagli a-là Dream Theater, tendenze epiche, ritmi contorti ed ancora una volta un basso da paura. La conclusiva “Tides of the Mourning” è provocante, tenebrosa, capace di offrire spazio a voci ipnotiche arrivando ad un growl diabolico… progredendo in un labirinto musicale che sfocia con assoli favolosi. La musica dei Void of Sleep abbraccia tanti generi, ingloba tanti generi e allo stesso tempo li rifiuta tutti, ripudiandoli, reinventandoli, azzerando tutto ed imponendo un nuovo tuonante inizio!

(Luca Zakk) Voto: 8/10