Black metal. Death metal. Alternative metal. Heavy metal. Rock. Modern metal. Metalcore. Symphonic metal, black e pure death. Prog, post, pre, di qua, di là.

Facciamocene una ragione: siamo quattro metallari in croce in un paese puritano e ci dividiamo sotto funamboliche definizioni di sotto generi che di fatto sono uguali al genere padre (o madre?) solo che cambia un’accordatura, l’aggiunta (o rimozione) di uno strumento o di un timbro di una voce. O forse cambia il fatto che un testo parla di guerra, uno del demonio, uno di droga, l’altro di donne e l’altro ancora dei cazzi quotidiani.

Siamo patetici.

Per fortuna ci sono le radici di tutto questo, radici ancora sane, attive, fresche, ricche di linfa, di quell’essenza che sta alla base di tutte le fregnacce (e non parlo della ricetta abruzzese) sopra elencate.

È un venerdì sera. Il tempo fa palesemente schifo. Piove. Fa freddo. Troviamo uno sfigatissimo ma provvidenziale piadinaro aperto, praticamente un camion parcheggiato a tempo indeterminato, con relativa tenda adiacente, precariamente riscaldata (era riscaldata, ma una tenda è praticamente un colabrodo… ma almeno eravamo all’asciutto!).

Un panino con tutto dentro ed una birra rigorosamente gelata, capace di interrompere per sempre la digestione.

Così, un po’ per disperazione, un po’ per entrare nel mood.

All’Alchemica c’è una seratina di quelle toste. Non una band settoriale o con una estremamente selettiva selezione di pubblico. No. Si tratta di una serata dove gli unici requisiti sono l’amore per il metallo e l’adorazione per l’alcol.

Quando arriviamo, mezzi sfamati, mezzi stanchi da un viaggio costellato da un meteo funesto, stanno per salire sul palco gli italiani Angel Martyr. Band nota, un trio … si sono solo in tre…. capace di fare un casino bestiale… con un vocalist (e axe man, perché in questo contesto manco si tratta di un comune chitarrista) pazzesco, con un range vocale superlativo, tuonante, squillante e tagliente. Mentre li guardo dare fuoco al palco devastando il pubblico, mi immagino le battute del cazzo tra loro e gli altri angeli della serata, gli headliners. Immaginiamoci questa gentaglia in tour assieme… viaggio, birra, backstage, birra, soundcheck, birra, post show, birre (in sequenza). “Di quale fottuto angelo è questo pedale?”. “È mio, no mio, no suo.”. “Di chi cazzo è questa birra piena abbandonata sopra il Marshall?“ …di un angelo naturalmente. Poi quale angelo e di quali angeli è ormai fattore secondario.

Mentre divago con la mente malata che mi ritrovo tra le orecchie, osservo: finalmente il metallo vero, per nulla fighetto, per nulla ricercato. Jeans logori, scarpe da tennis bianche o anfibi neri, tutta roba da discount. T-shirt nefasta e giubbotto in jeans senza maniche infestato da toppe, oppure il mitico e nero chiodo. Il tutto coperto da chiome ribelli, spesso ignare dell’esistenza di strumenti tecnologici quali pettini, spazzole e balsami. Osservo Matt, un tizio che per qualche oscuro motivo era seduto sul sedile della mia auto avvicinarsi ad uno vestito esattamente come lui (e come l’80% dei partecipanti alla serata). Mentre si avvicinano, apparentemente per caso, penso “cazzo, siete uguali, presentatevi”. E loro si abbracciano (si erano evidentemente presentati anni prima). “Fanculo amico, cazzo fai qui? Tanto tempo!”.

Cosa vuoi che faccia uno del genere là dentro? Venera il metallo vero. Quello prima di tutto il resto. Anche prima del thrash che sembra aver poi rubato il look disadattato e trasandato.

Gli Angel Martyr offrono uno spettacolo superbo, ben al di sopra del contesto quasi underground nel quale si muovono. Saranno le mode passate o la scena della penisola, ma questi tre disgraziati meritano molto, molto di più.

Arrivano gli Angel Witch. Storici. Roba che risale a prima della nascita di molti di voi che state leggendo queste righe, roba che risale a ben prima del concepimento (o pubertà dei relativi genitori) di molti partecipanti alla serata (aimè, cosa non applicabile al sottoscritto, ndr…).

Kevin sta di merda. Canta da schifo perché qualche virus gli ha tolto temporaneamente la voce. Vorrei salire sul palco… due bicchieri di grappa l’avrebbero sistemato… ma forse i promoter ci hanno già pensato… e le sue povere condizioni sono comunque meglio di quelle del pomeriggio. Chissà.

Ma la cosa non importa ad un cazzo di nessuno. Il metallo è rovente e tuonante.

Sapete cosa? Io osservavo il pubblico. La band dopotutto va guardata, studiata… ma in questo caso siamo davanti a roba storica, praticamente perfetta per definizione, assolutamente non giudicabile.

Ma il pubblico meritava. I fans, di qualsiasi sesso, età, colore e gusto alcolico, erano completamente fuori di testa. Esultanti, esaltati, sconvolti. E palesemente ubriachi!

Nel nome del padre, del figlio e del NWOBHM, la messa celebrata il 23 febbraio è stata dissacrante fino all’inverosimile. Nessuno è rimasto vagamente esente dall’alcol, credo nemmeno astemi, vegani e malati terminali vari.

Il metallo. L’essenza assoluta. L’origine di tutto.

Ad un certo punto mi ritrovo in auto. Il tempo continua a fare schifo ma c’è una sensazione di euforia. Quel Matt che mi ero trascinato dietro (era il suo compleanno… oh… auguri… te li avevo fatti?) è vicino alla morte clinica, come la maggior parte del pubblico della serata. In qualche modo mi dice che s’è divertito di brutto, che si è comprato una maglietta degli Angel Witch e che ha conosciuto una gnocca della madonna.

Poi collassa senza speranze fino a destinazione, dove ho dovuto letteralmente spingerlo fuori dalla mia auto.

Probabilmente lui, come tanti altri, non ricorderà nulla della serata.

Ci sono passato: sono le serate migliori della vita! Le serate pazzesche delle quali non ti ricordi nulla sono in realtà quelle in qualche modo… indimenticabili.(Luca Zakk)

ANGEL MARTYR:

Foto: Monica Furiani Photography

ANGEL WITCH:

Foto: Monica Furiani Photography