CHAOS DESCENDS

Sono le quattro e quaranta del mattino, mi sono svegliato all’improvviso e non capisco perché. C’è qualcosa che mi turba, che mi impedisce di riposare.

Vado in cucina per prendere un bicchiere d’acqua, e quasi inciampo in una busta blu che non devo aver sistemato la sera prima. Intravedo che contiene un paio di vinili usati dei Virgin Steele e diversi cd power, ma ancora non collego. Mentre attraverso il salotto, sul tavolo intravedo un piccolo poster che raffigura un guerriero in armatura, o qualcosa del genere. Nel mio percorso in penombra sposto una sedia su cui è buttata con malagrazia una t-shirt nera con sopra disegnati, forse, degli scheletri. Mi faccio avanti, arrivo al rubinetto e mi fermo.

È allora che l’urlo mi torna alla mente.

È l’urlo di un uomo sulla sessantina, sul mio cellulare ho una foto con lui. Sguardo rassicurante, sorrisetto amichevole sul volto, occhiali da sole anche in interni. Ma l’immagine che ho di lui in testa è un’altra: è mentre si trova su un palco pieno di fumo, a pochi metri da una folla impazzita, mentre urla la parola “Dead” in modo inumano, malvagio, demoniaco, e la urla per un tempo così lungo che ho l’impressione che dovrebbe essere già scoppiato, e invece lui continua ancora, per non so quanti altri secondi.

Ricordo tutto. Sono nel clou dell’Up the Hammers Festival, ad Atene, sabato 27 Maggio. Davanti a me ho i Cirith Ungol, al loro terzo concerto dalla reunion che tutti i defender stavano aspettando, e Tim Baker sta cantando “King of the Dead”. Non credo avrò parole per descrivere quello che ho visto… ma ci posso provare.

JOIN THE LEGION

Non siamo in pochi ad essere volati dall’Italia per unirci a questi ateniesi impazziti. Non è la prima volta che facciamo quest’esodo e certamente non sarà l’ultima! Mancano pochi minuti all’inizio dello show in cima al cartellone e sono circondato esattamente dalle persone con le quali sognavo di essere qui. Mark J. Dexter è appena un metro dietro di me, sulla sinistra. Mantiene quel contegno da gentleman veneziano che gli è caratteristico anche mentre attorno a lui gli ellenici già si stanno agitando, conversa pacatamente con me dell’ultimo, eccezionale album della sua band, i Dexter Ward, incassa complimento su complimento con una modestia che gli rende ancora più onore. Poco più avanti ho Flavio ‘DiAnno’ Falsone, il metalhead più entusiasta che abbia mai conosciuto, che per problemi di lavoro si è lanciato in una impresa folle: neanche ventiquattro ore fra volo d’andata, volo di ritorno e permanenza all’UTH, ma per i Cirith Ungol si fa questo ed altro, anche preventivare quattro ore di notte all’Eleftherios Venizelos per prendere l’Atene-Roma delle 6:45 di domenica mattina. Ha già lo zaino pieno di acquisti, mi sta invitando ai concerti di tutte le sue band e io prometto che farò il possibile: fra T.I.R., Whisperz e i nuovi Asphaltator c’è solo l’imbarazzo della scelta… ai miei fianchi due dei miei più grandi amici, compagni di concerti, di trasferte all’estero, di discussioni interminabili su dischi, band e acquisti da fare: sono Stefano ‘Il Conte’ e Marco ‘The Omen’, e anche se non suonano in nessuna band sono famosi in tutto l’underground per la loro dedizione che spesso sconfina nel monotematismo… Gli altri amici non sono troppo lontani. Sandro Buti è sotto il palco a fare qualcun altro dei suoi scatti magistrali; se mi volto posso riconoscere Gianluca Silvi, novello chitarrista dei Doomsword e leggendario axeman dei Battle Ram, e al suo fianco c’è Guido Tiberi, e scusate se dico Axevyper. Loro sono addirittura volati fino in California per il primo show della reunion e profetizzano: questo in terra di Grecia sarà ‘il’ concerto dei Cirith Ungol, non ce n’è stato uno più bello prima e non ce ne sarà uno migliore dopo. E credetemi, non ho la sfera di cristallo ma sono sicuro che hanno ragione…

I’M ALIVE

Eppure eppure… l’arrivo di questi nonnetti del metallo sul palco è stato più che trionfale, ma il primo minuto mi ha fatto temere il peggio! Gli Ungol sono accolti da una folla impazzita ma Tim Baker sbaglia il primo verso di “I’m alive”, la opener, mentre alle pelli Robert Garven sembra impacciatissimo e scolastico. Forse neanche i Re dei Morti si aspettavano un’accoglienza da idoli assoluti e sono in tensione, forse hanno bisogno di un attimo per carburare, forse tutte e due le cose: sta di fatto che piano piano i nostri si sciolgono, ogni secondo che passa i movimenti di Robert sono più fluidi e quelli di Tim più demoniaci, innaturali, inumani, mentre Jarvis Leatherby corre da un punto all’altro del palco, spesso con la sigaretta in bocca, e Jim Barraza prende confidenza con la sua chitarra (cosa faccia Greg Lindstrom per tutto il concerto per me resterà un mistero, perché fra me e lui c’è un greco di due metri, ed entrambi si muovono poco). No, bastano pochi secondi per capire che gli Ungol sono vivi, ‘and that will never change’…

CHAOS RISING

Ma di cosa è capace il pubblico greco! Il Gagarin 205 è una bolgia infernale, neanche suonassero gli Iron Maiden… ma i Cirith Ungol sono i Maiden dell’epic metal, e si meritano questo ed altro. Gli ellenici sono molto più preparati di me: conoscono a memoria tutti i testi di ogni canzone. Io non ho mai sentito il bisogno di conoscere a menadito cosa dice “Blood & Iron”, forse una delle canzoni più canoniche della discografia ungoliana… ma ad Atene sembra che non la pensino così. Su “Finger of Scorn” Tim non ha praticamente bisogno di cantare, tanto è alto l’urlo del pubblico, e “Black Machine” diventa assordante. A forza di spintoni e tentativi di evitare gli idioti che fanno crowd surfing, i quali mi fanno perdere quasi tutta l’esibizione di uno dei miei brani preferiti, “Frost and Fire”, smarrisco quasi tutta la mia falange italiana, e mi devo limitare a qualche sguardo d’intesa con il Conte o con Flavio sui passaggi più significativi, sguardi che di solito significano ‘ma il concerto te lo aspettavi così?’, ‘no, così no, così non se lo poteva immaginare nessuno.

KING OF THE DEAD

Cosa preferisco del concerto? Forse la trilogia di “Paradise Lost”, e all’interno di questa il momento in cui Jim fa partire la sezione strumentale di “Chaos Rising”. Forse la perfezione crudele di “Atom Smasher”, il terzo brano in scaletta, quando ormai gli Ungol hanno capito che sono i padroni del mondo. Ma credo di aver scelto: è ancora “King of the Dead”, il brano che non mi faceva dormire l’altra sera… l’inizio di questo brano. Quando (siamo al secondo bis) Jarvis si volta verso Robert e suonano all’unisono l’intro. Otto rintocchi secchi, la nota di basso e il colpo di batteria, otto scampanate dal profondo dell’inferno. The Kings of the Dead have risen. Per restare su questa terra.

Cirith Ungol live @ Up the Hammers Festival, Gagarin 205, Athens, 27.05.2017

  1. I’m alive
  2. Join the Legion
  3. Atom Smasher
  4. Edge of a Knife
  5. Blood & Iron
  6. Black Machine
  7. Frost and Fire
  8. Finger of Scorn
  9. Chaos descends
  10. Doomed Planet
  11. Chaos rising
  12. Fallen Idols
  13. Paradise lost
  14. Master of the Pit
  15. King of the Dead
  16. Cirith Ungol
  17. Black Machine

(René Urkus)