Era l’ormai lontano 2007. Ricordo ancora la notizia data in diretta da Mr Townsend in persona in occasione della presentazione del proprio progetto solista “Ziltoid The Omnisicent”: da quell’esatto momento le due realtà musicali chiamate Devin Townsend Band e Strapping Young Lad avrebbero cessato ogni attività. Il rammarico fu enorme per il sottoscritto, considerando geniali entrambi i gruppi, così diversi eppure complementari. Soprattutto per i secondi… È innegabile l’importanza degli Strapping Young Lad nell’evoluzione della musica estrema, dagli esordi fino a “City” e “Alien”. Per fortuna il canadese non si è dato per vinto e con la creatura Devin Townsend Project ha finalmente trovato un equilibrio personale ed artistico che si può ben intuire dalla enorme mole di lavoro prodotta finora…

Veniamo quindi ad oggi. Dieci anni sono passati, album sorprendenti e live stratosferici sono stati prodotti dal sei corde nord americano. Dalle mie parole si può lontanamente intuire la mia poco velata stima verso l’artista e quindi si capirà quanto alte fossero le mie aspettative per la mia prima volta con Devin Townsend Project.

Ma mettiamo da parte per un secondo i protagonisti della serata e apriamo una parentesi per i gruppi spalla… Nome indegno per la caratura dei gruppi in questione. Cominciamo con gli svedesi Leprous. 6 tracce per questa particolare band progressive, alcune riarrangiate e in parte fuse tra loro. Mezz’ora di musica suonata in modo preciso e coinvolgente. A parte l’intro, tutte le tracce son state tratte dall’ultimo “The Congregaton” del 2015. Era evidente che molte persone erano lì anche per gli svedesi. Composti ma mai freddi ne staccati, emotivamente molto convincenti…

Un quarto d’ora in più per gli americani Between The Buried And Me, sempre sei tracce. Metà della scaletta è stata dedicata dall’ultimo album, targato 2015. Anche in questo caso parliamo di un’esibizione ottima, cristallina eppure con un responso caldo e coinvolto da parte del pubblico. Difficile pensare a queste due band come a dei supporter. Peccato per il tempo centellinato…

Ma veniamo ai protagonisti della serata: non è un segreto che Devin Townsend non lasci niente al caso, nessun minimo particolare. Il palco viene preparato con una perizia da far invidia alle produzioni più prestigiose. La macchina ha dato l’impressione di essere oliata alla perfezione e alle 21.30 precise ecco arrivare il gruppo sul palco tra gli applausi di un locale pieno fino in fondo. L’apertura viene affidata a “Rejoice”, sempre presente in scaletta dalla sua uscita nel 2014. A Townsend non serve un riscaldamento dei polsi, la chitarra butta fuori suoni perfetti e cristallini, con un gruppo ormai collaudato e degno di questo nome. Anche la successiva “Night” da “Ocean Machine” è una presenza costante degli ultimi 3 anni. Il coinvolgimento del pubblico è ormai totale, con il canadese in evidente stato di assoluto protagonista. E giunge il momento per i primi due estratti dall’album che ha dato il nome al tour. Si passa poi ad “Hyperdrive” nella sua versione dell’album “Ziltoid The Omniscient”. Si torna nel recente passato del gruppo con “Where we Belong”, splendida ballad cantata in modo superbo dal funambolo nordamericano. I suoni delle chitarre Framus sono diventati ormai un segno distintivo dell’artista, che da prova di tecnica e mestiere con la lunga ed articolata“Planet Of The Apes”. La seconda parte dello show ha regalato chicche inaspettate come “Suicide”, suonata prima di questo tour solo nel 2004. Altri pezzi poi dalla saga di Ziltoid e dagli album più recenti della discografia. Chiude l’encore “Higher”, tratta dall’album in promozione in questi mesi. Uno show perfetto, un suono da applausi.

Sembrava di ascoltare un cd, ma con la potenza, il carisma e la classe di un uomo che ha trovato la pace con se stesso e il mondo. E che vuole mostrarlo agli altri. Penso sia stato uno dei rari concerti in cui rabbia, divertimento e passione si siano mischiati in modo cosi sublime.

(Enrico “Burzum” Pauletto)