«sugli ostacoli che una donna deve superare per imporsi nel mondo del rock [Robin Beck] ha dichiarato alla stessa testata “È una storia vera […]. Il rock music business ci vuole separati in categorie (maschie e femmine) così ci può distinguere più facilmente”».

In fin dei conti non è così?

(Arcana Edizioni) Il rock, e forse ancor più il metal, sono da decenni ambienti a maggioranza maschile piuttosto che femminile. Da un semplice punto di vista numerico, in un’ipotetica enciclopedia di uno e dell’altro genere, quante donne troveremmo menzionate rispetto al numero degli uomini? Oggi le cose sono un po’ diverse, anche a conseguenza del fatto che decenni fa alcune ragazze – come Janis, Joan, Grace e Patti o Lita – hanno iniziato a rompere schemi e abitudini. Hanno fatto la storia lasciando segni indelebili, offrendo così concrete possibilità alle tante musiciste giunte dopo di loro alle donne musiciste.

Francesco Gallina – in passato nelle file della fanzine torinese Metal Fortress, poi per la rivista Inferno Rock e attualmente redattore di Metallized.it – tratteggia un volume cospicuo, che supera le 400 pagine, organizzandolo in capitoli nei quali traccia una breve biografia di cinquanta artiste analizzandone opere, doti, meriti, fatti, personalità e carattere. Per ognuna suggerisce al lettore un album per approcciarne la musica. Soprattutto però le biografie, per quanto brevi, riescono a centrare i punti forti delle musiciste trattate, artistici ma ancor di più umani e caratteriali. Per esempio con Grace Slick, in sole 14 pagine, l’autore crea i giusti contorni di quella frizzante anima dalla voce splendida. “Donne Rocciose” però si apre con la profondità della figura di Janis Joplin, per la quale l’autore scrive le parole giuste in seno alla sensibilità, alla personalità e all’anima genuina della grande voce della storia del rock: artista tormentata, sofferente nell’Io eppure solare in tutto ciò che ha fatto.

Le cinquanta artiste sono collocate nel testo attraverso segmenti temporali: gli anni ’60, i ’70 e così via, giungendo così ai giorni nostri con le varie Simone Simons (forse non tutti sanno che è anche blogger e influencer), Alissa White-Gluz oppure la nostra Cadaveria. Molto profondo il capitolo finale “Per Sei Rocce In Più”, in cui l’autore esamina figure femminili che hanno lasciato una certa impronta sulla scena, anche se in maniera diversa tra loro. Un capitolo con sei artiste che non figuravano nei quarantaquattro articoli che rappresentano l’ossatura del testo. Dunque un passaggio nel quale si ritrova sorprendentemente Melissa Auf der Maur, che la si ricorda anche per essere stata oggetto di critica da parte dei fan, soprattutto di estrazione punk, di Hole e Smashing Pumpkins perché giudicata troppo glamour e alto-borghese. In questo caso però l’autore ne evidenzia la cultura e la voglia di maturare e crescere nella propria professione. Il capitolo è però anche occasione per ricordare due figure femminili che ci hanno lasciato tragicamente. Jill Janus, cantante degli Huntress, deceduta lo scorso anno per propria mano e prima ancora di avere rivelato di essere affetta da un disturbo maniaco-depressivo che l’ha letteralmente consumata. L’altra è Mia Zapata dei The Gits, uccisa brutalmente il 7 luglio 1993, il cui carnefice è stato catturato dieci anni dopo grazie all’instancabile e disperato desiderio di giustizia della comunità musicale e degli amici della vittima, oltre che dei due agenti assegnati ai delitti irrisolti. La morte di Mia, avvenuta negli anni del grunge, fu un vero trauma per la scena musicale.

Gallina trova le parole giuste, resta focalizzato sul lato umano delle donne esaminate e su quanto questo abbia conseguentemente influito sull’essere artista. Nell’esordio del capitolo dedicato a Debbie Harry si avverte un flusso informativo forse generico, tuttavia il personaggio è anticonformista prima, mainstream poi, estroso, versatile – la Harry si è occupata di cinema e moda oltre che di musica e di molto altro – e vasto che, la narrazione sforna fatti, eventi e situazioni che saziano il lettore dell’originalità di tale icona di stile, prima ancora che di musica. In questo libro l’autore inquadra la donna, il personaggio, la figura e infine l’artista: la parte artistica, pubblica, come conseguenza dell’essere, della persona, del proprio passato, da dove proviene e come si è mossa fino alla celebrità. Questo è lo schema di lettura, perché alla fine è un tutto inscindibile: donne, prima di tutto, che hanno trasferito il loro essere femminile negli obiettivi e nei traguardi raggiunti.

Pensare che uomini e donne siano diversi anche nel mondo delle sette note per qualità e capacità è un modo di pensare che dovrebbe essere superato. Il superamento dei pregiudizi sui presunti limiti delle donne dovrebbe avvenire da parte di entrambi gli universi maschile e femminile e intanto Gallina riflette acutamente che forse anche scrivere «un libro come questo può essere un limite mentale da superare per un uomo»!

(Alberto Vitale)