Era il 21 dicembre del 1997. Ben ventuno anni fa.

Andai a vedere i Kreator in un locale -ormai non più in attività- in provincia di Pordenone.

All’epoca ero fan sfegatato della band tedesca, ero un ragazzino, la notte era sempre giovane, il sonno era un’utopia così come la sobrietà. La potenza dei Kreator era poderosa: ricordo che quella sera Mille, dal palco, provava a sputare due parole in Italiano, per poi confessare -in inglese- che nonostante le sue origini provenienti dalla penisola, il suo italiano era pressoché inesistente.

Quella sera, oltre ai Krisium, c’era una band dalla Norvegia, una band che all’epoca non avevo mai sentito:

dopottutto loro erano al primo album di spicco, in un’epoca nella quale internet, streaming e video online -almeno in Italia- erano quasi inesistenti. C’erano solo alcune riviste rock e metal, ammesso e non concesso che uno avesse i soldi per comprarsele… dopo aver sperperato tutto in alcol, benzina, concerti e tabacco.

Quando salirono sul palco mi impressionarono. Un impatto scenico poderoso. Sonorità nuove, diverse, innovative e coinvolgenti! Ricordo urlai ad un amico qualcosa come ‘questa è la roba che volevo!’.

Salto in avanti nel tempo. Marzo 2018. Sono a Milano ed intervisto Shagrath (qui https://www.metalhead.it/?p=128242). Ad un certo punto, con una domanda, rivelo al frontman il momento in cui conobbi l’esistenza della sua band; la sua risposta fu accompagnata da un sorriso beffardo, un sorriso che mi fece pensare a qualcosa di non rivelabile, non confessabile, dal quale emerse solo un vago ‘aspettateci a Dicembre’.

Quel maledetto sorriso era il preludio per una storia che si andava a ripetere, un cerchio che -almeno per me- finalmente si chiudeva.

Un’altra serata con i Kreator in ruolo di headliners ed i Dimmu Borgir sul palco appena prima.

La differenza?

Oltre vent’anni di carriera, i miei gusti che si sono evoluti… e la ragione del mio arrivo a Milano: non più la band tedesca, ma bensì quella norvegese!

L’Alcatraz è grande, vasto e ben organizzato. Offre un palco ampio e capace di ospitare una consistente scenografia. I Bloodbath di Nick Holmes e di tutti gli altri membri di Opeth e Katatonia sono devastanti: suoni oscuri, laceranti e malvagiamente pesanti. Una prova strutturale ai limiti della tolleranza per il bellissimo locale Milanese.

Cambio di tematica e differente livello energetico con gli esplosivi Hatebreed! Metalcore, velocità e ritmo… ma con luci chiare e impostazione thrash/rap! Riportano la mente ai tempi antichi, a bands come i Cro-Mags! Se per i millennials questo è ‘metalcore’, per noi personaggi appartenenti alla vecchia scuola, per noi che già eravamo fusi e devastati a metà anni ’90, gli Hatebreed sono una fonte di potenza deflagrante, molto più simile alle dimensioni occupate da band storiche come Anthrax, che da gruppetti dall’indole incazzata presunta dei tempi attuali.

I Dimmu Borgir sono molto più avanti di quelli che vidi nel 1997. Scenografia paurosa ed una esecuzione perfetta, anche se le basi ed il mix and un certo punto se ne sono andati a puttane.

Poco importava, comunque, ai fans che si sono scatenati in un mosh-dance tellurico, approdato ai confini della ‘pacifica’ rissa con la conclusiva “Mourning Palace”.

I Kreator stupiscono. La scenografia offre una carrellata di dipinti e opere che riassumono 2000 anni di guerre. Poi coriandoli, fumogeni ed una scenografia esagerata, decisamente innovativa per questa band. La testa diabolica al centro, architravi gotici, luci ricercatissime: si vede che è il loro momento, che la loro musica convince anche oggi e ripaga i tanti anni di carriera priva di debolezze.

Tanti brani dei vecchi dischi. Mosh e circle pit senza controllo. Emozioni con “Fallen Brother” durante la quale sugli schermi appaiono i volti di tanti musicisti morti negli anni recenti. Ottimi i brani della discografia più recente.

È assurdo: dopo 21 anni assisto allo stesso concerto, con le stesse band. MA oggi ci sono nuovi amici, nuove cerchie. Tanti abbracci, tanti saluti… perché nel 1997 eravamo tutti agli inizi, oggi invece ci divertiamo a contare quante centinaia di concerti ciascuno di noi annovera in carriera.

Tanti decenni di metal lasciano il segno: è bello rivedere lo stesso concerto anche se è tutto profondamente diverso: tecnologia, regole, scenari, suoni e pure qualche membro delle band.

C’è una sola cosa che rimane immutata: l’emozione!

E pure la passione!

(Luca Zakk)

Foto: Monica Furiani Photography