«Nella Camera dei fati, nel luogo dei Destini, un dio fu generato, il più capace e saggio degli dei: nel cuore del profondo fu creato Marduk»

20:25 e sul palco del Le Grillen arrivano i Survival Is Suicide, con la curiosità che cinge i pochi astanti nella sala. Infatti i due catalani sono uno armato del proprio basso e l’altro è seduto dietro i fusti della batteria, con alla sua destra un portatile. Solo in due? Si, Zaratozom armeggia con il quattro corde e sprigiona il suo growl un po’ arso, mentre Epoje si impegna con i ritmi, avviando ad ogni canzone i comandi necessari per attivare le basi. La voce che ricorda un po’ quella di Steve Tucker ben si sposa con questo death metal ruvido, dal vivo, perché tastiere e chitarre lasciano intendere che il tono della band in sede di studio sia smaltato. La scelta dei due di esibirsi anche live in formazione identica a quella in studio, lascia perplessi un po’ tutti. Si ha infatti l’impressione di ascoltare un CD, accompagnato da un demo che suona!

21:13 e la sala da concerti francese vive ben altro clima con gli Attic. Tedeschi, dediti all’heavy metal con risvolti power e occasionalmente gothic, riscaldano la platea, a quel punto già più cospicua rispetto a 45′ prima. Tiene scena il cantante Meister Cagliostro, con la sua voce squillante e un piccolo altare alle sue spalle, sovrastato da teschi, incenso, candele e una croce col Cristo messa al contrario. L’atmosfera, un po’ cupa, a tratti occhieggiante ai Mercyful Fate è tenuta in piedi da questi riff distesi con chitarre gemelle e canzoni che pian piano strappano applausi sinceri. Meister Cagliostro quando alla fine guadagna l’uscita, allunga la croce a una ragazza che la bacia ossequiosa. A questo punto il rito può certamente proseguire.

22:07 e la notte di Valkyrja può iniziare. Nebbia artificiale avvolge il palco e le luci sono spente, solo dei neon blu a dare quel pallore notturno alla scena, solcata come ombre dai componenti della band svedese che aspettano la fine dell’intro per scatenare la sala ormai gremita. I Valkyrja sprigionano il proprio black metal gestito, in un certo senso, dal cantante e chitarrista solista. Simon Wizen, il suo nome, detta i tempi, urla arso e disperato nel microfono, fa scorrere le dita in diversi assoli, mentre la band crea il proprio muro di gelo. Autori di questo black metal ferale, con già quattro album realizzati, hanno forse qualcosa dei Marduk degli esordi, forse anche i Watain e ciò dunque rende chiaro che i Valkyrja seguono i dettami dell’autentico black del proprio paese d’origine. Violenti, veloci, l’esibizione è un blocco di ghiaccio o forse un muro contro il quale entrare e perdersi.

23:20, si comincia! Devo, Morgan, Mortuus e, non da trascurare, Fredrik Widigs, svolgono un’esecuzione (nel senso di ‘uccidere’) sommaria. Un cinico e sistematico sovrastare l’anima vinta della platea viene messo in scena. I brani sono fiondati nella sala con velocità, con Mortuus che emette il proprio essere spavaldo e carismatico insieme. Devo è da ammirare. Il bassista si contraddistingue in alcuni arrangiamenti e fraseggi, facilitato dal fatto che Morgan è l’unica sei corde presente, il suo basso ha più spazio, margine di udibilità e, ovviamente, una maggiore influenza nel sound. Lui è anche chitarrista, tastierista, tecnico del suono, produttore. Sa bene cosa è la musica, come scolpirla. Devo è un gigante, è enorme. Il suo sguardo è quieto ma padrone dell’atmosfera che lo attanaglia. Morgan ha uno stile pulito. L’ho davanti a me per tutto il concerto e non una sola plettrata fatta male, anzi l’impresisone è che dosi per bene il suo operare. Suona con sicurezza e regge, letteralmente, il peso del sound dei Marduk. Grazie anche a Widigs, forse il miglior batterista passato in formazione negli anni. Le sue evoluzioni veloci e pulite, precise e fulminanti, sono la quintessenza del massacro che la band perpreta in concerto. I Marduk dal vivo sono molto più estremi che su album. “Werwolf”, “Panzer Division Marduk”, “Cloven Hoof”, “The Blood Beast” e le altre, vengono suonate con una foga cinica e sicura.

I Marduk dal vivo sono un’esperienza. Non sono teatrali, non usano proclami e danno in pasto alla gente quanto hanno fatto album dopo album. I Marduk sono i Marduk…

(Alberto Vitale)