fotonecrosylocandina“Necrosi.”: s. f. [dal lat. tardo necrōsis, gr. νέκρωσις, der. di νεκρός «morto»]. – In patologia, complesso di alterazioni strutturali irreversibili, dovute a cause di diversissima natura, che comportano la perdita di ogni vitalità, ossia la morte, di gruppi cellulari, zone di tessuto, porzioni di organo in un organismo vivente. (treccani.it)

Lo sapevo che prima o poi sarebbe successo. Lo sentivo. Il mitico Grind House -ormai non più semplicemente un locale, piuttosto un luogo di culto, forse esso stesso una religione- non avrebbe potuto resistere a lungo. L’attrazione per il male estremo è forte, magnetica ed un posto del genere non può esserne immune.
Certo, è un posto dove la principale tendenza sarà sempre una visione alternative di hard rock e dark wave, il tutto in una sublime cornice gothic, ma qualche volta il diavolo ha bisogno di essere adorato con ritmi più potenti, più veloci, più estremi.
La necrosi del suono. Qualcosa di irreversibile. Terminale… la devastazione terminale! In qualche modo l’armageddon stesso. Un qualcosa che possa lasciare un segno indelebile sulla stessa struttura del Grind House.

La scelta del giorno del peccato capitale è stata quindi perfetta: Venerdì 17. Non ci sono altri giorni migliore per celebrare un simile rituale!

Ed è qui che iniziano quelle sconvolgenti coincidenze che mi accompagnano verso la perdizione. Gli headliners della serata sono i Necrosy. Band estrema, da molti definiti “i Behemoth Italiani”, ma con una immensa tecnica (parole mie), e senza tutto l’atteggiamento da pretenziosi (parole di Robin Kok, The Monolith Deathcult). Meno pretenziosi dunque, più puri. Maledettamente reali! È proprio grazie alla band olandese che entro in contatto con quella italiana, in quanto i Necrosy erano tra i supporter di una delle due date italiane dei deathsters dei Paesi Bassi [LINK https://www.metalhead.it/?p=44282]. Lo stupore mio e di Robin per una esibizione feroce, mi fa pensare che di strada ne hanno fatta parecchia dal loro primo demo, un lavoro che ottenne la sufficienza senza sconvolgere o lasciare un segno ben chiaro in una scena ormai troppo satura. Pertanto, quando vengo a sapere della data al Grind House faccio il possibile per non perdermela (nonostante un weekend fitto di interviste e altri concerti!): la cosa che mi attrae è che club di Padova è molto intimo, vanta una ottima vicinanza con lo stage, ed offre una osservazione molto dettagliata di coloro che si esibiscono.

Ma le coincidenze -gli allineamenti astrali- continuano. Noto con stupore che di spalla ai Necrosy ci sono gli Eternal Samhain. Wow! Seguo il progetto dell’eclettico Taliesin sin dagli albori. Lo seguo da prima della pubblicazione dell’EP “Obscuritatis Principium” (recensione qui https://www.metalhead.it/?p=7017). Non solo ho voglia di risentire questa band che nel frattempo si è evoluta, ma sono anche felice di rivedere lo stesso Taliesin, l’essere immondo a capo di questa entità oscura che propone un symphonic black metal molto raffinato e per nulla scontato.

Il Grind House definisce l’evento “DEATH MATCH – Blood Bath Festival”. Io vedo il passo successivo. Vedo la morte. La fine. La necrosi. La decomposizione. Con queste due band che sono in grado di produrre uno spettacolo estremo di altissimo livello.

Mi metto in viaggio pensando all’intervista del giorno dopo (Satyricon), arrivo al Grind e mi infilo backstage dove trovo Taliesin in fase make up. Giusto il tempo di insultarci amichevolmente… poi inizia il rituale.

fotoNecrosy_ESGli Eternal Samhain sono cresciuti. E di molto. Non è facile in Italia tenere in piedi un progetto come questo, ma Taliesin sembra farcela … e finalmente sembra imminente l’arrivo dell’atteso full length (dopo l’estate!!). Sul palco, nonostante alcuni problemi tecnici, i ragazzi mostrano maturità e precisione. Le tastiere sono coinvolgenti, il bassista è una presenza importante e non certo ovvia in questo genere, mentre mi sorprende la precisione del giovanissimo nuovo batterista. Taliesin ha un timbro vocale perverso e l’esecuzione di un paio di pezzi del vecchio EP mi riporta alla memoria il piacere provato ormai tre anni fa quando lo ascoltai per la prima volta. I nuovi pezzi sono promettenti, pertanto il prossimo lavoro è sicuramente imperdibile.

fotoNecrosy_WOFSeguono i Whispers Of Fate, che si rivelano essere una piacevole sorpresa. Una band che non conoscevo, anche perché ha pubblicato solo una release in quasi un decennio di attività. L’originale metal oscuro e sinfonico è caratterizzato dalla brava Betty alla voce, supportata dal growl di uno dei chitarristi. La performance non è stata comunque superba a causa della defezione di parte dei membri: mancavano il bassista ed il tastierista, quindi molto sound è stato affidato all’elettronica, togliendo un po’ di feeling alla performance, togliendo quella componente pulsante della live music.

Finalmente è il turno dei Necrosy, band che voglio osservare con attenzione, non solo per l’assaggio avuto a fine marzo, ma anche per l’imminente album: lo streaming integrale rivela un qualcosa di pericolosamente violento, brutale, letale… ed io -critico bastardo- voglio proprio vedere come riproducono quel muro di suono quando non sono in studio ma su un palco!

I Necrosy sono strani dal vivo. Ed era una cosa che notai anche nel precedente concerto. Ci sono due chitarristi immensi (in tutti i sensi) che troneggiano ai lati come colonne raffiguranti demoni immondi. Sembrano inespressivi. Sembrano poco impegnati. Ma scatenano una furia sonora senza paragoni, con una sincronia ed una alternanza di assalti che provoca ferite. Tutte mortali.
fotoNecrosy_2Ma in un genere dominato dalle chitarre, è quasi ovvio aspettarsi una performance di prim’ordine. La vera domanda è: da quale pianeta viene il bassista? Non solo è scatenato -uno spettacolo dentro lo spettacolo- ma esibisce una tecnica superlativa! Per il godimento dei puristi delle quattro (o cinque) corde, con il bassista di questa band non esistono sono plettri. Non esistono ritmiche lineari. Non esistono riff fotocopia delle chitarre, giusto per dare una frequenza in più al suono complessivo prodotto. Questo musicista produce sostanzialmente un costante assolo! Certo ci sono generi musicali che lo prevedono. Ma solitamente sono generi musicali che non si stabilizzano dai 200bps in su! E raramente in un death/black iper veloce, pieno di cambi assurdi, vedi un bassista così virtuoso. E quasi mai vedi l’uso di tecniche come lo slap mentre dietro di lui il batterista infuria con tempi disumani. Sono impressionato. Ricordo che dissi alla (bella) fotografa del locale di andare davanti al bassista e scatenarsi senza pietà.
Il drummer è altrettanto sorprendente. Ragazzo tranquillo e simpatico prima dello spettacolo, si trasforma in una figura crudele dietro le pelli. Lo sguardo diventa furioso (ve lo dicevo che al Grind si vede DA VICINO!), perverso, deviato. Lontano dalla realtà quotidiana. Il drumming dei Necrosy è impegnativo (e lui avvia anche i samples delle varie introduzioni), sono tutti tempi tirati, con frequenti cambi di ritmo. Un batterista normale che non si chiami Frost o Gene Hoglan, sarebbe molto impegnato a produrre quella tempesta ritmica, e sarebbe da considerare in gamba se riuscisse a proporre una performance senza errori. Ma Christian dei Necrosy va un tantino oltre: non solo le pause tra un pezzo ed un altro sono minimali -no resto for the wicked- ma nei blast beat furiosi, nei cambi di tempo spietati, nei passaggi che definirei prog-death, questo personaggio inserisce impossibili giochi con i piatti! Lo guardavo da tre metri e faticavo a seguire, con l’occhio, le evoluzioni delle bacchette. Mentre sotto la doppia cassa veniva torturata senza rispetto alcuno. Basso e batteria sono decisamente dei dettagli ai quali presterò molta attenzione quanto mi perverrà il loro “Perdition”, in uscita a breve.

fotoNecrosy_1E per rimanere in tema di talenti, bisogna parlare di Nico, il vocalist dei Necrosy. Ricordo notai diverse cose interessanti nel precedente concerto, ed è stato un piacere trovare conferme. Tutte le conferme. Uno sguardo perso. Perso ed ansioso. Guarda il pubblico, dalla sua tipica posizione diagonale, con un atteggiamento strano. Sembra quasi dire “Cazzo volete da me?”. Ma sarebbe solo sollievo per il pubblico. In verità il suo aspetto sul palco sembra quello di un rapace che sta cercando la preda. Scenograficamente un frontman che dal mio punto di osservazione vanta già un’immagine molto personale, distinguibile, originale. Sia nelle posizioni statiche che nel feroce headbanging supportato dai ritmi devastanti della band. Il tutto -ed è qui che si evidenzia il talento- emettendo un growl profondo e lacerante, un growl che demolisce quello di Nergal dei sopracitati Behemoth. Un growl che violenta il pubblico.

Un growl generato senza un minimo cenno di fatica.

E non sto parlando di quante canzoni hanno suonato senza sentirsi stanchi, di quanto è durato il concerto, o di quante sezioni cantate ci sono in ogni canzone: sto parlando dello puro sforzo fisico istantaneo per produrre un simile latrato! Osservavo il collo di Nico durante le urla più terrificanti notavo lo stesso movimento e sforzo della gola che noterei osservando due amici che stanno conversando, in pieno relax, a bassa voce…. dentro una biblioteca! Questo singer è una macchina della morte. Un essere infernale con potenzialità infinite. Mi piacerebbe sentire questa voce in un’arena, con un impianto vocale colossale.
…Forse i rilevatori dei centri sismografici lancerebbero allarmi che causerebbero un caos a livello continentale!

Finisce lo spettacolo, ma il pubblico eccitato dalla furia sonora pretende un bis che viene concesso: è come se il condannato a morte chiedesse una ulteriore pugnalata, la quale viene felicemente inflitta dal boia.

Devo scappare. Un weekend troppo intenso mi aspetta, ed è solo venerdì sera. Anzi, sabato mattina (al Grind House il rock -anche quello più estremo- appartiene alla notte, non alla sera!). Saluto i ragazzi. Li osservo tornare -nonostante il make up- in una dimensione terrena, normale, quotidiana.

Intanto la necrosi del Grind continua. Irreversibile ed inarrestabile. Forse i Necrosy sono la band più estrema che si è esibita su questo palco, creando un pericoloso precedente per il pubblico del club. Intanto i Necrosy continuano il loro viaggio: stanno per pubblicare un album grandioso, avranno molte date in programma, altre da programmare. Forse su palchi molto più ampi davanti a platee più numerose. Ma l’inaudita violenza domestica inflitta nell’intimità del Grind sarà un qualcosa che i presenti non dimenticheranno mai.

(Luca Zakk)

FOTO DELLA SERATA QUI!