Concerti… ce ne sono tanti. Forse troppi, tanto che il pubblico si disperde, suddividendosi in piccoli gruppi sparsi ad ogni evento, anziché riempire le sale dei concerti in modo massiccio.

Spesso i concerti black metal offrono un headliner speciale, una band tosta ed ammirata, magari un supporter di pari livello e poi alcune band locali, minori, magari band emergenti o quasi alle prime armi che riescono ad infilarsi nel set, magari comprandosi lo slot per essere visti sotto lo stesso riflettore degli act più blasonati. Poi ci sono i concerti strani, inaspettati, diversi… quelli con un bill pazzesco come quello del 2 novembre al Revolver Club.

Il tour degli Horna con i Blaze of Perdition è qualcosa di palesemente dissacrante, osceno, occulto. Se poi questi due, per strada, raccolgono altri animali simili a loro, variando il bill in occasione di quasi ogni data, allora il rituale della malvagità che va in scena ogni sera risulta unico, sempre nuovo, decisamente imperdibile.

Per la data del 2 novembre a San Donà di Piave, i finlandesi ed i polacchi si fanno accompagnare da due entità crudeli che tuonano dalla Norvegia, offrendo inoltre l’apertura della serata ai validi e scenografici italiani Obsolete Theory; un allineamento astrale occulto supportato da un incrocio di tour e date, ed ecco che l’evento di serata è riuscito ad offrire anche i Crest of Darkness, la band del bassista dei redivivi Conception, e gli enigmatici Iskald! In un bill di cinque band vedere dei veterani come i Crest of Darkenss suonare dopo la band di apertura, dimostra il fatto che la serata sarebbe stata mostruosa, di alto livello fin da subito, con un crescendo di devastazione fuori controllo, un crescendo poi reso esplosivo dagli irriverenti headliners.

L’unico neo della serata è l’ormai noto problema che tortura la nostra scena: l’affluenza. Non ci sono solo tante o troppe date in contemporanea… è proprio la gente che ama apparire estrema nascondendosi dietro un monitor o un canale online, ma non ha lo spirito giusto per alzare il culo ed andare a vedere di venerdì sera, un venerdì oggetto di ponte tra festività, un concerto unico ed eccellente come questo.

Ed è questa drammatica condizione che mi porta ad ammirare ulteriormente gli Obsolete Theory, capaci di proporre uno spettacolo intenso e coinvolgente anche se il pubblico era ancora decisamente scarso; questa si chiama professionalità, oltre che buon talento per lo show.

I Crest of Darkness sono una garanzia: una specie di Motörhead del black metal, sia come impostazione del suono (molto più crudele che sui dischi) che come formazione e ruoli (chitarrista, batterista e Ingar Amlien davanti a tutti con basso e voce): ma il loro black metal è lontano dalle definizioni standard. Non è puro black (se non per i temi trattati sempre estremamente satanici), non è blackned… e nemmeno strettamente black’n’roll! La loro musica è certamente estrema, ma è anche capace di dare spazio all’ottimo chitarrista, creando atmosfera, assoli, ed un principio di personalità che potrei definire quasi virtuosa nel contesto del genere, iniettando pure una non velata dose di blues, tanto per abbattere definitivamente i confini dei generi musicali. È palese che questo è, nonostante la fama dei Conception, il progetto personale di Ingar, il quale -con gratitudine- mi rivela nel backstage che i suoi compagni nella band ‘principale’ lo supportano molto garantendogli lo spazio che gli serve per mantenere attivi i Crest, ormai in attività da ben venticinque anni, con ben sette album all’attivo.

Gli Iskald erano, con i Crest of Darkness, tra le bands che più desideravo vedere: il loro ultimo “Innhøstinga” (recensione qui), proprio come il precedente “Nedom Og Nord”, offre un black metal potente, molto tecnico e coinvolgente senza però dileguarsi in eccessi di complessità che porterebbero la musica su territori progressivi. Il risultato è quindi un velo di mistero, un’intensità atmosferica eccellente ed una violenza sonora devastante.

I Blaze Of Perdition sono possenti: si nota benissimo la scuola polacca comune per altre bands della scena estrema, ad esempio i Mgła. Ed è un piacere immenso vederli attivi e carichi, nonostante la tragedia che li ha colpiti proprio il 2 novembre di cinque anni prima, quando un incidente stradale in Austria, durante il tour, ha ucciso uno di loro, ferendo gravemente gli altri. A questi livelli di popolarità molto settoriale, dove non è certo il denaro il movente di una band, tornare più crudeli e potenti che mai, dopo una simile disgrazia, è quanto mai glorioso!

Gli Horna sono il male assoluto. Con un vocalist in migliore forma fisica ed entrambi i chitarristi (l’ultima volta che li vidi uno di loro era assente, report qui), i finlandesi propongono un set estremo, suonato in maniera potente e coinvolgente. Inquietante la recitazione prima di ogni brano da parte del tetro e devastato vocalist, parole occulte per introdurre ogni singolo brano, rivelando significati contorti e visionari altrimenti troppo complessi ed arcani, considerando inoltre che i brani hanno titoli e testi in lingua madre. Il loro concerto è un puro massacro, un orgasmo di sangue gocciolante, violenza crudele e rituali concepiti per esaltare la mancanza di luce.

Una serata di abbandono oscuro, di pura essenza black metal, di negazione di ogni credo per perdenti. Una serata dove ogni gregge rifiuta di obbedire al suo pastore, una serata che mostra la verità invitando il gregge alla ribellione, alla violenza, invitando il gregge al rifiuto della fede, disperdendosi nel proibito ed abbracciando le tenebre.

(Luca Zakk)