(AFM) Due album in due anni non si vedevano dagli anni novanta per i Pyogenesis. In quel decennio i tedeschi sono nati come band e hanno pubblicato la sostanza della loro discografia. Questo scorcio del nuovo millennio li ripropone più attivi e prolifici sul piano della creatività, nonostante una lunga pausa terminata nel 2014. Sempre diversi, sempre sottilmente rock and roll nell’animo. Il death, il doom, il gothic e tutto il resto lo hanno affrontato negli anni sempre con piglio vivace e appunto con animo r’n’r. Le canzoni dei Pyogenesis si ricordano e si fanno ascoltare e questa volta, rispetto al precedente “A Century in the Curse of Time” si ha l’impressione che Flo Schwarz, unico membro storico rimasto in formazione, abbia calcato la mano sulla fruibilità, la semplicità e in una maniera più schietta, le canzoni da presa immediata. Qualche canzone sbarazzina popola “A Kingdom to Disappear”, come “I Have Seen My Soul” che piacerebbe suonarla forse ai Green Day! “That’s When Everybody Gets Hurt” è sostanzialmente un rock di fattezze pop e “We (1848)” rientra in quel punk rock da radio. Sia chiaro che non si vuole sminuire il lavoro dei Pyogenesis, ma la pasta di cui è fatto l’album è sfaccettata senza una logica vera. Almeno così sembra, eppure questo aspetto è una caratteristica innata nel DNA della band. Stravolgere, andare fuori dagli schemi è stato da sempre il sale dei Pyogenesis, ma si tenta di capire, ad esempio, cosa c’entri quella sorta di melodic metal alla svedese di “Blaze, My Northern Flame” con canzoni stile ballad tipo di “Everlasting Pain”. Ci sono squilibri in questa track list, eppure il tocco dei Pyogenesis, eccentrico e fantasioso, marcatamente basato su cori e voci easy, è ancora presente. La band di Stoccarda è da sempre a parte rispetto a correnti e mode, dunque per quanto l’album a tratti lasci storcere il naso a chi scrive, per scelte troppo ‘commerciali’, in fatto di coerenza nulla da dire perché rispetta lo spirito sopra le righe di questa band. L’album è il secondo capitolo di una trilogia che affronta i cambiamenti del XIX° secolo.

(Alberto Vitale) Voto: 7/10