(Napalm Records) Nono album. Titolo spirituale. Biblico… una citazione dai Salmi (42:7): “Un abisso chiama un altro abisso, al fragore delle tue cascate, tutti i tuoi flutti e le tue onde sono passati sopra di me”. Ma 42:8 recita: “Di giorno l’Eterno mi largisce la sua benignità, e di notte innalzo a lui un cantico, una preghiera al Dio della mia vita.” Ma quali cantici? Quali preghiere? 42:9 lascia poche speranze: “Io dirò a Dio, mia rocca: «Perché mi hai dimenticato? Perché vado in giro vestito a lutto per l’oppressione del nemico?”, e non a caso il verso successivo è sofferenza: “Le mie ossa soffrono pene mortali a motivo degli insulti dei miei nemici che mi dicono del continuo: «Dov’è il tuo Dio?».”. Bella domanda. E sorrido ad ogni ipotesi di risposta. Vedete, non c’è praticamente album dei Satyricon che non ricevi insulti (“dov’è il tuo Dio?”)… che non venga etichettato come pop, commerciale, sbagliato, incompatibile, fuori luogo… e decisamente NON black metal. Immagino Satyr e Frost che se la ridono, anche perché le loro ossa non soffrono certamente pene mortali, visto e considerato che ogni critica negativa (e ce ne sono molte) altro non fa che accrescere il loro prestigio, il loro essere controcorrente, la loro fama la quale porta gente ai loro concerti con sistematica costanza. Se qualcuno leggesse i testi, e non ascoltasse solo la musica, noterebbe che Satyr stesso suggerisce il suo atteggiamento (“Against—the against / From soul to soul—I speak to you / God of no gods—I’m slave of none” da “Midnight Serpent”). E allora? Black metal? Dark metal? Chissà-quale-altro metal? Metal? Non metal? E allora? Non è “Nemesis Divina”… e quindi? Manco certe famosissime band californiane nate agli inizi degli anni ’80 sono rimaste costanti con lo stile della produzione… dividendo critica e fanbase. Ma sono ancora qui, e c’è gente che giura loro fedeltà eterna, anche contro gli insulti dei nemici biblici. Bisogna poi tener presente che pubblico e critica non sono mai felici: se lo stile cambia, c’è il disagio al grido di alto tradimento, se lo stile non cambia allora scatta l’accusa di monotonia e mancanza di creatività. Cazzo, mettetevi d’accordo e ascoltate l’epicità mistica di un album come questo nuovo lavoro dei Satyricon. Ascoltatene i dettagli. Godete del groove della title track. Abbandonatevi all’oscurità di “The Ghost of Rome”. Esaltatevi con l’orgasmo dei dettagli progressivi di “Dissonant”. Abbandonate la vita terrena con “Black Wings and Withering Gloom”. Eccitatevi con la decadente “To Your Brethen in the Dark”. Percepite il fragore delle cascate con la conclusiva “Burial Rite”. “Deep…” dividerà la critica. Anzi, già la divide: non ho atteso una eternità come feci con il precedente album (qui), tuttavia mi son permesso di aspettare l’attività di un po’ di stampa nazionale ed internazionale e la divisione è palese, ci sono secche bocciature ed accecate promozioni. Entrambe piene di aggettivi, appartenenze a generi o distanze da ipotetici stili da seguire. Ma i Satyricon hanno fatto un altro album favoloso, personale, tagliente. Un album che dopo alcuni ascolti, rivelandosi nella sua maestosità, diventa una deliziosa ossessione. Un album che emoziona, scatena, esalta. Un album pieno di irriverente, cinica e geniale provocazione.

(Luca Zakk) Voto: 10/10