(Scarlet Rec.) Magari è un’eresia, ma il sound dei Deathless Legacy almeno nelle prime battute di “Rituals of Black Magic” e nello specifico nella title track che segue l’introduzione all’album, sembra una bestia ibrida nata da un amplesso tra Cradle Of Filth e Nightwish. La seducente imponenza vocale e il teatrale, gotico e possente heavy dei toscani, scarta a priori almeno l’ascendenza dai finlandesi. Linee sinfoniche, riff foderati di roccia, tastiere onnipresenti, canzoni energiche ma modulate e temprate da melodie trascinanti, sono l’esposizione principale di questo spettacolo sonoro che è i ‘rituali della magia nera’. I Deathless Legacy emergono per un’atmosfera gotica, sulfurea e essa stessa ammantata da un carnevale stile Grand Guignol. Un’atmosfera che emerge ovunque, sia dal lato symphonic che gothic o heavy e power metal. Oltre un’ora di buio che diventa una notte stuzzicante “Rituals of Black Magic”. Una notte dove emerge in primis la voce di Steva (Eleonora Vaiana), regina suprema di un cantato che interpreta il testo, prima ancora che cantarlo e a dovere. Attorno a Steva le chitarre spesse quanto una placca tettonica. Un muro roccioso che cinge questo clima orrido. In “Rituals of Black Magic” non c’è nessuna fiaba, nessun lieto fine. La tensione emotiva è al suo massimo e il concept (il primo per la band) sui rituali della magia nera è un grimorio di preoccupazione e mistero, di speranze e segreti. Steva riesce a dare voce a tutto ciò, bravissimo Alessio Lucatti con le tastiere a creare poemi improvvisi e un’atmosfera dark-horror, mentre il comparto chitarra-basso-batteria, rispettivamente Sgt. Bones, C-AG1318 e Frater Orion (Andrea Falaschi), sono la pietra filosofale che genera il peso della materia sonora. Oscurità, pentacoli, formule antiche, perdizione e ricerca dell’ignoto emergono tra le note, divampano in fuochi fatui di note accattivanti. Nessuna melodia di plastica, ma c’è tanta dedizione in queste canzoni, proprio come in un lungo rituale di magia nera.

(Alberto Vitale) Voto: 8,5/10