(Nuclear Blast) Trentesimo inverno. Più freddo, rigido e mortalmente glaciale che mai. Danno la colpa ai cambiamenti climatici, inquinamenti, avvelenamenti. Sarà vero. Ma io accuso, anzi do il merito, una certa costanza, ad una cosa altamente inquinante che continua ad avvelenarci da parecchi decenni. La costanza del thrash metal teutonico. Un brand europeo che negli anni rimane sostanzialmente invariato, mantenendo costante la sua ferocia, la sua rabbia, ma anche quello spirito sballato, sfacciato, divertente. I Destruction, maestri di devastazione, compiono trent’anni. Trenta pesantissimi anni di riff feroci, brutali. Glaciali appunto. Avete presente quella sensazione gelida che scende lungo la schiena quando questa formula musicale si scatena attraverso le casse? Ennesimo album di questa band storica. Ennesima conferma che il filone thrash tedesco è il migliore, il più costante, quello che non delude mai. Ed in questa simbolica dodicesima tappa il thrash tedesco si unisce. Tom Angelripper dei Sodom e Gerre dei Tankard sono ospiti in questo album. Una tranquilla visita in studio secondo Schmier. Un’effetto tsunami nel risultato finale. Ascoltatevi l’imponente “Legacy of the Past”. Questo solo pezzo vale l’intero disco. Brutale, devastante, spietato. E con quel maledetto ritornello che è capace di tirare giù un festival intero, quando urlato da un fedele pubblico. Assolutamente mortale! Mortale come il dannato intero album. 40 minuti di devastazione spietata. “Renegades”, con la sua ritmica subdola, un serpente velenoso che si insinua sotto le lenzuola dove riposate tranquilli, trasformando la vostra notte in puro incubo, cristallino terrore e infernale paura. La title track, concepita per uccidere, distruggere, fracassare. “To Dust You Will Decay”, uno dei pezzi thrash più perfetti, la risposta da dare a chiunque ignori di cosa stiamo parlando. “Canivore”, canzone che si attorciglia alle caviglie, come un’impossibile tentacolo di qualche mostro appartenente agli incubi, il quale ha deciso di fare una sanguinosa scampagnata nel mondo reale. Il tentacolo sale lungo le gambe, vi perfora l’addome, scortica il torace, risale il collo ed esce dalla bocca, riducendovi a patetici resti umani, grondanti di sangue. “City Of Doom”: un pezzo che suonato dal vivo trasforma il pogo in guerra civile; una guerra civile le cui battaglie decisive sono “Riot Squad”, un vero inno, e “Under Violent Sledge”, la perfetta colonna sonora per l’ultima delle battaglie. Trenta dannati anni. Trenta ridicole candeline, che sulla putrida torta dei Destruction saranno sostituite da trenta terribili candelotti di dinamite. Un maledetto album esplosivo. L’enciclopedia del thrash edizione 2012. Sarà anche la fine del mondo, ma il 2012 ci ha regalato molti album brutali. Questo è quello decisivo. La differenza è che dopo questo “Spiritual Genocide” della fine del mondo non fregherà più niente a nessuno.

(Luca Zakk) Voto: 9/10