(Indie Recordings) Non lo sapevo. Nessuno mi ha avvisato. Notizia bomba: esiste ancora musica che mi sorprende. Musica che fatico a capire, a posizionare sulla scena. Musica che pretende il mio tempo, la mia pazienza. Il mio impegno per potermi addentrare nei meandri di quel dedalo compositivo che è la sperimentazione musicale. Che poi diciamocelo, i Dunderbeist non sono nulla di particolarmente sperimentale. Però fanno una musica che non riesco a descrivere. Che non riesco a collocare in un genere, e che, alla fine, mi  fa provare sensazioni in quando è dannatamente efficace, e brutalmente attraente grazie alla sua diversità. Proviamoci: si tratta di un rock, forse metal, forse hard. Potente. Influenze stoner. Ma non manca neppure un grunge (specialmente su pezzi come “Mongrel”). Ma riescono a suonare anche quasi technical thrash metal, in pezzi come “Four of the Seven” il quale mi ricorda molto i Depressive Age. Il thrash viene riconfermato dalle veloce, ma tecnica, “The Hidden One”. Lo stesso thrash viene confermato e poi smentito con la bellissima “Enter Exile”. Fantastica la prima canzone dopo l’intro: “Father Serpent” scatena un’energia senza paragoni, ed ancora una volta richiama sonorità pesanti, ricercatamente tecniche e complesse. Fantastica “Centuries” con la sua introduzione al pianoforte che si trasforma in una sfuriata alle porte del death metal. Sono strani questi Dunderbeist. Sono geniali. Producono un suono nuovo in questo scenario inquinato da una totale mancanza di fantasia, dove ogni musica è esattamente uguale alla musica precedente. Non so se e quanto potranno continuare in questo modo, producendo idee geniali, fresche, diverse. Forse l’industria musicale li assorbirà e li renderà commerciali. O forse si spingeranno ai limiti del concepibile e rappresenteranno spettacolo per pochi eletti. Nel frattempo? Sicuramente non si tratta di musica per le stupide masse da top hit estiva, ma questo album è rivoluzionario, e può davvero aprire nuove porte. Un capolavoro di deviazione musicale, di stranezza sonora proposti in forma di rock, di musica che può davvero essere proposta ad un vasto pubblico e, lentamente, far innamorare gli ascoltatori. Prendetevi del tempo, molto tempo, quando comprerete questo disco. I suoi ripetuti ascolti sono come il dolce abbandono ad un’assuefazione che via via si installa nella psiche, offrendo benessere, garantendo dannazione.

(Luca Zakk) Voto: 8,5/10