(AnnapurnA) Gli svedesi Reverorum Ib Malacht sono assurdi. Ed allo stesso tempo geniali. Da un’origine black ad una migrazione verso il cristianesimo, a causa della conversione dei membri del progetto… senza però cambiare minimamente il sound, il quale rimane dannatamente black e pervaso da una vena atmosferica ecclesiastica, liturgica… e contemporaneamente dissacrante. Se osserviamo gli estremi dei culti, l’adorazione del divino e l’adorazione del male, troveremo ovvie contrapposizioni… ma anche un punto di convergenza, un concetto comune basato sulle tenebre, sulla paura, sulla liturgia, sul mistico e su un concetto di ‘proibito’ spirituale… un proibito che può appartenere al peccato o ad un livello sacro superiore. Entrambi i punti di vista, comunque, girano attorno allo stesso yin-yang apocalittico, allo stesso insieme di ‘entrambe le facce della stessa misteriosa medaglia’, entrambi i poli in perenne lotta per la reciproca attrazione. Abbandonarsi ad un album Reverorum Ib Malacht è pericoloso. La loro musica destabilizza, unendo un’adorazione di cristo ad un black furioso, fumoso, lo-fi ed anche meravigliosamente elettronico… come se volessero andare ad invadere territori appartenenti ad entità quali i Darkspace. In quasi cinquanta minuti gli svedesi annullano ogni stabilità, ogni equilibrio e pure ogni credo. Brani superlativi come “Clouds of Unknowing” sono capolavori di oscurità depressiva che riecheggia per quasi otto minuti, annullando il ricordo della luce… ma anche del peccato, il quale viene sostituito da una ulteriore condannante oscurità, penetrando dentro una fitta superficie densa ed opaca, verso una nuova spiritualità, una nuova redenzione, forse una definitiva dannazione.

(Luca Zakk) Voto: 8,5/10