(Graviton Music) Questa volta i Pendejo aggiungono al proprio stoner e alla tromba d’ordinanza di El Pastuso anche gli ottoni. La band diventa così una combriccola di strumenti spinta verso la soglia di un sound unico, fresco e coinvolgente. Per quanto si riesca a percepire un’atmosfera da baldoria in alcune canzoni, i Pendejo offrono principalmente un tono dal taglio opaco e ombroso al clima generale dei pezzi. Lo si avverte in “Facista”, unica canzone dell’album con un minutaggio sostenuto, “Bulla” o “El Rutger”, dove i suoni non sono smaltati, complici anche le dure distorsioni della chitarra di Arjan Er Juan, e l’atmosfera è tesa e nebbiosa. Il contrasto, il botta e risposta o il marciare all’unisono tra gli strumenti canonicamente rock e non – dunque basso, chitarra e batteria, e i fiati – espande la musica. El Pastuso con la tromba, la sua voce roca e sfiancata, gli altri tre con litanie in stile desert sound, oppure in poderose cavalcate stoner, mettono in scena un vivace teatro sonoro. “El Espejo” è uno dei brani più lenti di “Sin Vergüenza”, ma è bruciante, arde ogni cosa. La seguente e conclusiva “Llanto” mostra con fare coinvolgente i Kyuss, né più né meno. “Don Germán” apre magnificamente “Sin Vergüenza” e con un’accoppiata riff e fiati che non può non entrare dentro ogni neurone dell’ascoltatore. Il doom pesante di “La Cagada No Termina” è un carro armato e “El Timón Holandés” è tra i pezzi eleggibili a manifesto dello stile della band. Nel manifesto sono esclusi gli assoli di chitarra, salvo per una lancinante dissertazione di Er Juan in “El Rutger”, e in sottofondo alle missive sempre spudoratamente esplicite di El Pastuso.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10