(InsideOut Music) Album pieno di passione questo “Distance Over Time”, il quattordicesimo full length in oltre trent’anni di onorata attività. La band ha raggiunto da tempo uno status elevato, la fama, il successo planetario e questo potrebbe remare contro la purezza creativa, ma questo album ha riportato in un certo modo la band ‘alle origini’, con l’intera line-up ‘rinchiusa’ in uno studio in mezzo alla natura per un tempo di quattro mesi, convivendo, cerando assieme, vivendo assieme, convertendo le relazioni e le emozioni di ogni giorno in suoni e musica. Nessuna quotidianità del percorso ‘strada-lavoro’, nessuna crudele agenda, solo passione, amicizia e totale creatività. Ed i risultati si sentono, eccome! I Dream Theater sono per me una cosa complessa: li ho adorati negli anni ’90, li ho seguiti a tratti negli anni 2000, poi osservati con circospezione nel decennio successivo e forse ignorati in quello seguente. Ma è indubbio che “Distance Over Time” risveglia in me qualcosa che forse era solo accantonato, assopito… un qualcosa che la band non sapeva trasmettermi, quell’emozione, quella passione, quell’energia pura e reale. Le dieci tracce sono teatrali… una teatralità che identifica in modo assoluto ed unico la band americana. Emozioni oscure con “Untethered Angel”, un brano travolgente, con un riffing micidiale ed un assolo di chitarra superbo. Stupenda “Paralyzed”: riff tagliente, strofe inquietanti e coinvolgenti; ed è palese che nei paraggi del ritornello si sentono i Dream Theater di un tempo! Strepitose le tastiere su “Fall Into The Light”, prog totalmente marchiato Petrucci con “Barstool Warrior”. Un altro grandioso capitolo di questo album è “S2N”, un brano al quale viene iniettato un livello di tecnica magistrale: assoli di chitarra e tastiera, linee di basso esaltanti, quella musicalità mai convenzionale, sempre alla ricerca di qualcosa di unico, come il riff cadenzato che accompagna l’ultimo assolo, un riff apparentemente lineare ma con molte varianti, a volte palesi, al volte subdole… un qualcosa che solo i Dream Theater riescono a fare con tanta naturalezza. Nei quasi dieci minuti di “At Wit’s End” ci sono tutte le perversioni stilistiche della band, mentre appare introspettiva e delicata “Out Of Reach”, seguita della granitica “Pale Blue Dot”, brano con un duello di assoli sconvolgente, prima della scorrevole e conclusiva “Viper King”. I Dream Theater hanno sempre fatto musica unica, complessa, contorta… ma non sempre piena di quelle emozioni senza le quali un grande album si riduce ad essere un semplice esame di tecnica, una dimostrazione di skill, una sequenza di suoni superlativi che comunque non possono essere definiti Musica. “Distance Over Time” continua ad essere un album con una dose di tecnica senza paragoni ma riesce ad andare oltre. Certo, la voce di James non ha più l’estrema potenza di un tempo e le trovate tecniche della band non sono più una sorpresa… ma questa volta è tornata la passione… c’è quella dimensione creativa che definirei umana, calda, deliziosamente carnale e meravigliosamente sentimentale. Un album bello da ascoltare, attraente, sempre di alto livello con ulteriori accenti irresistibili. Un album che cresce ascolto dopo ascolto, sviluppandosi, rivelandosi, insinuandosi, coinvolgendo ed appassionando. Cosa assolutamente non ovvia dopo oltre tre decenni di attività a questi livelli!

(Luca Zakk) Voto: 8/10