(Nuclear Blast Records) Il thrash metal negli ultimi anni vive una seconda età, florida, propositiva e di qualità, i Death Angel si incastrano in questo momento storico del genere con la stessa attitudine di altri loro colleghi. Provenienti dalla Bay Area, con i primi album la band ha espresso tecnica e fulminanti melodie. I pezzi dei Death Angel sono un misto di forza e armonia. L’esordio “The Ultra-Violence” e “Frolic Through the Park” rappresentano due capisaldi del modo di suonare di Rob Cavestany, chitarra, e Mark Osegueda, voce. I due sono le vestigia di un tempo, perché ormai i cugini Pepa non sono più della partita da anni, come il funambolico drummer Andy Galeon. I tre con Rob Cavestany crearono i The Organisation, costola dei Death Angel nata dopo lo split proprio con Mark Osegueda negli anni ’90. Tornando però ai Death Angel di questa prima decade degli anni 2000, il precedente “The Evil Divide” (QUI recensito) rientra in questa età nuova e florida del thrash metal. Tre anni dopo i Death Angel ripercorrono l’uso di pezzi ben architettati, proprio con le melodie padrone del tutto. “Of Rats and Men” è uno degli esempi possibili inseriti nell’album. Canzoni che per la maggiore presentano parti che si susseguono sotto un’architettura, dove lo stile artistico è appunto il percorso melodico. “Aggressor” al contrario del titolo è uno dei migliori esempi. La band in questo caso si spinge in una serie di cambi ed evoluzioni che quasi tocca il prog metal. Non nella maniera classica, ma tanta varietà è innanzitutto sinonimo di una padronanza assoluta del songwriting, oltre che dello strumento. Anzi, forse Ted Aguilar e Rob Cavestany appaiono alquanto essenziali – salvo per degli assoli sempre splendidi – e senza gironzolare su eccessi e lungaggini. Uno stile asciutto ma non scevro di elementi di stile. I “Came for Blood” per esempio è un thrash primevo, ammanicato col punk e per nulla smaltato, tutt’altro, è sfacciato, succinto e fulminante. “The Pack” è uno sguardo a se stessi: i ritmi scanditi, il riffing che gioca su passaggi stoppati, i cori a risposta delle strofe di Osegueda. “Revelation Song va su ritmi più bassi e con situazioni d’atmosfere care a quel feeling che la band ha spesso espresso nel corso della propria discografia. Come per il precedente album, i Death Angel sono ancora ispirati e con una tecnica che è molto più compiuta e definita, al servizio di un soingwriting abitualmente eccellente.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10