(Dark Essence Records) Nel 2012 i Darkend erano in tour con God Seed, Rotting Christ e Cradle of Filth. E, ci tengo a ricordare, Dani Filth -in occasione di una intervista- parlando dei tour-mates Darkend affermò: “mi ricordano una specie di Cradle Of Filth più giovani, con dentro degli elementi di sonorità mediterranee, mi piace moltissimo”: lungimirante quel Dani, però sono curioso di conoscere quale sarebbe la sua opinione odierna, visto che il crescendo di questa band italiana è stato, e continua ad essere, enormemente travolgente. Il quasi demo “Damned Woman and a Carcass” ed il buon “Assassine” contenevano effettivamente un sound symphonic black ispirato a Cradle of Filth, Dimmu Borgir e Old Man’s Child, ma all’epoca di quel tour i Darkend avevano già pubblicato l’album della (prima) svolta, ovvero “Grand Guignol – Book I”, un disco tetro, dannato, anche se ancora caratterizzato dal sapore symphonic black ispirato ai grandi nomi; ma era solo un rito di passaggio prima del superlativo “The Canticle of Shadows” uscito nel 2016, album che confermò il completo allontanamento da quell’affollato genere e, forse, anche dal concetto di black stesso. La musica dei Darkend è cresciuta ed è diventata la colonna sonora di un loro proprio rituale portato in scena sui palcoscenici, espresso nelle lyrics, un concentrato sonico di arti occulte, di mistero, orrore, adorazione, di conflitti spirituali contorti, perversi, seducenti ed oscuramente erotici. “Spiritual Resonance” porta questo concetto oltre ogni limite, collocando la band a livelli superlativi, dimostrando la loro identità infinitamente originale e personale. Album che si erige con le proprie forze, senza ricorrere a svariati guest come con il precedente lavoro, tanto che in questa nuova opera compare ‘solo’ Lindy-Fay Hella (Wardruna) sul singolo “With Everburning Sulphur Unconsumed”. Zolfo sempre accesso, zolfo mai completamente consumato da quella fiamma eterna: è forse questa la sintesi di “Spiritual Resonance”, un full length capace di condurre i discepoli verso gli irti sentieri che convergono verso un rituale supremo, sentieri sferzati da blast beats feroci, mid-tempo esaltanti, divagazioni progressive nelle quali tastiere ed organi hammond trovano il loro ambiente naturale, creando una dimensione sonora senza predominio di alcun strumento che non sia l’avvolgente forza delle tenebre più inquietanti. Capolavoro “With Everburning Sulphur Unconsumed”, brano drammatico che si illumina con la performance celestiale di Lindy-Fay, cadenzato da organi inquietanti, una teatralità sconvolgente ed un assolo di basso semplicemente magnetico. “The Three Ghouls Buried At Golgotha” si inoltra attraverso catacombe oscure lungo un percorso contorto il quale ad ogni svolta svela segreti proibiti, misteri di violenza, di suggestione, di arcana spiritualità. Il mid tempo di “Scorpio Astraea High Coronation” sferzato dal riffing ossessivo rievoca la primordiale paura del buio, mentre “Vessel Underneath” sprigiona intimi ed angoscianti indicibili turbamenti. Una radice che si combatte internamente tra infinita malinconia e luminosa speranza con “Hereafter, Somewhere”, brano dove ancora una volta il prog cerimoniale dei Darkend si sprigiona in tutto il suo splendore, mentre la conclusiva “The Seven Spectres Haunting Gethsemane” spazia dalla furia cieca al trionfo crudele, grazie a chitarre immense e linee di basso irresistibili. Abissi che emanano sulfuree esalazioni assordite da stregonerie occulte evocanti spiriti celati nelle nebbie della notte. Teatralità e vibrazioni cerimoniali, con una risonanza magnificata da echi lontani ma paurosamente vicini, eterei ma tuonanti, tenebrosi e dall’ampiezza d’onda che sfugge a qualsiasi dimensione umana, terrestre o divina. Un album che rappresenta la lode ad un dio impersonato dalla natura, signore supremo della vita, della morte, del susseguirsi degli eventi, dei sentimenti più veri e ferini; il dio dell’odio crudele ed il dio dell’amore sublime.

(Gopal) Voto: 9,5/10