copserenity(Napalm Records) Atmosfere uniche. Sensazioni uniche. “Un altro” album molto bello ed estremamente ricco a livello emozionale. Il quarto capitolo di questa storia Austriaca, di questa band diversa dal resto, originale, perfetta. I Serenity li seguo dalle origini, ed ogni album è sempre stato un ulteriore capolavoro. Attendevo con trepidazione questo ulteriore disco: il loro songwriting si è sempre distinto, e le loro canzoni mi sono sempre apparse come quel dettaglio mancante, quella cosa necessaria che nessuno comunque poteva concepire. Il quarto appuntamento poteva quindi essere molto pericoloso. La domanda è ovvia: ulteriore conferma, oppure delusione? La risposta non è assolutamente facile. Ma credo non lo sia mai stata. La complessità delle canzoni, i segreti che si rivelano al loro interno sono da gustare passo dopo passo, ascolto dopo ascolto. Questi sono album che hanno bisogno di attenzione, di dedizione. E’ quasi proibito ascoltare altra musica quando si sta valutando un lavoro dei Serenity. “War of Ages” è decisamente un’opera estremamente curata, tecnica, coinvolgente e geniale. Le dieci tracce presentano inconfondibilmente marchio di fabbrica della band, e la quantità di dettagli nascosti si rivela all’ascoltatore offrendo un piacere subdolo, una droga che lentamente si diffonde nel sangue aumentando progressivamente il livello di estasi. Sono sicuro che se avessi scritto queste parole dopo un solo ascolto, il giudizio sarebbe stato poco eccitato. Se le dovessi riscrivere tra un mese, forse, probabilmente, la mia euforia sarebbe estrema. Durante i primi ascolti sentivo la mancanza di quei pezzi superbi che trovo sugli altri album, pezzi che non smetto mai di ascoltare: parlo di “Oceans of Ruby”, “Rust of Coming Ages”. Parlo di “Heavenly Mission”, “New Horizons” e “Serenity of Flames”. Cito questi in quanto offrivano quell’interpretazione emozionale, quei ritornelli micidiali, quella potenza sonora irresistibile. Su “War of Ages”, sembra mancare questa immediatezza in quanto la band si è orientata verso un sound più completo, complesso, tecnico dove non sono un assolo o un ritornello a spiccare, ma l’insieme della canzone, nella sua totalità, nella storia che racconta, nelle immagini che genera. “War Of Ages” è quindi un’opera completa, compatta, dove non ci sono pezzi che superano gli altri in maniera particolare, ma l’insieme dell’album si stabilizza comunque su un livello altissimo, confermando che la capacità compositiva della band non è mai stata così ispirata e produttiva. L’opera include finalmente la presenza fissa della vocalist femminile. Inserita in maniera stabile nella line up, troviamo infatti Clémentine Delauney (ex Whyzdom). Era ovvio che una band con un simile uso della componente femminile pensasse, prima o poi, di assumere una cantante permanente, nonostante la voce di Georg risulti ancora predominante in tutte le canzoni. Nonostante la mia scelta sarebbe caduta su Charlotte Wessels, con la sua voce angelica, la performance di  Clémentine è superba, e la sua voce risulta assolutamente sensuale, calda, potente. Unica. Il duetto sulla grandiosa “For Freedom’s Sake” è un capolavoro totale, pertanto sono sicuro che in futuro la qualità dei pezzi, e l’uso di questo autentico talento renderà ancora più epica la musica della band. Il disco apre con un assoluto capolavoro: “The Art of War” è il tipico pezzo power degli Austriaci, dimostra che l’intera band è in perfetta forma, e vanta una struttura musicale travolgente, con una palese manifestazione di superiorità tecnica da parte di tutti i componenti. “Shining Oasis” è un altro pezzo meraviglioso, che sembra uscito da “Death & Legacy”: offre un’atmosfera ipnotica legata ad un elevatissimo livello di potenza, con un’interpretazione vocale da manuale. “Age of Glory” offre tecnica senza limiti, con una velocità sostenuta, decisamente un perfetto pezzo power-symphonic. Epica “Legacy of Tudors”, rappresenta uno dei massimi livelli espressivi dell’album, stupisce, sembra impossibile che questi ragazzi riescano ad ideare canzoni così semplicemente stupende. La conclusiva “Royal Pain” ci lascia offrendo un’ulteriore performance delle voci, con un certo accento sul cantato di Clémentine, autrice di una linea vocale fantastica. Un album veramente bello da gustare secondo dopo secondo. I Serenity non mi deludono. Non deludono nessuno. I cambi di line up hanno forse modificato leggermente la compattezza storica della band, ma il risultato è sicuramente sublime. Un album che è la naturale evoluzione del loro passato e che lascia intravedere un futuro estremamente luminoso, ricco di successi, ricco di musica eccezionale. Un futuro estremamente roseo per loro. Per noi.

(Luca Zakk) Voto: 8/10