Il celebre Hellfest, festival di musica metal che si svolge ogni anno a Clisson, in Francia, che raccoglie ogni anno qualcosa come 180.000 spettatori in tre giorni a giugno, potrebbe essere annullato. Lo dice il direttore Ben Barbaud in un’intervista a Ouest France.

Il festival dovrebbe tenersi dal 19 al 21 giugno, ma a quanto pare Barbaud ha detto che è molto probabile che l’Hellfest verrà rinviato al prossimo anno. L’organizzazione attende novità dal governo, il quale ha dichiarato lo stato di emergenza sanitaria da circa una settimana, solo dopo però avere annunciato misure restrittive su tutta la popolazione.

Ben Barbaud dichiara alla domanda se il festival verrà annullato che «è molto probabile, ma non possiamo annunciarlo ufficialmente. Chi può immaginare che autorizziamo in giugno e luglio dei festival che riuniscono 60.000 persone, di cui 20% dei stranieri nel nostro caso, tutti incollati gli uni agli altri, quindi sappiamo che ci saranno senza dubbio qualche caso di Covid-19 a destra e sinistra? I festivalieri non comprendono perché non annunciamo l’annullamento. ma non possiamo fare niente».

La ragione? «Aspettiamo che il governo decida, come probabile, di prolungare il confinamento e l’interdizione di raduni, al di là del 15 aprile [in Francia il confinamento è stato ordinato fino a questa data, per il momento, ndr]. Questo ci permetterà di usare la clausola di forza maggiore prevista nei nostri contatti con gli artisti. Di conseguenza, non potremo più, materialmente, montare il festival in tempo per le date previste (dal 19 al 21 giugno). Questo permetterà di giustificare l’annullamento. Ma se domani, io prendo autonomamente la decisione, potranno accusarmi d’avere annullato in maniera unilaterale, e dunque si dovrà pagare. Dunque deve essere lo stato a prendere posizione per fermare questa emorragia. Malgrado i nostri innumerevoli solleciti al ministero della cultura, non abbiamo ricevuto alcuna ‘dannata’ mail. Nemmeno una telefonata”. Niente. È una vergogna. Più i giorni passano, più perdiamo dei soldi».

Ben Barbaud dichiara che l’organizzazione è già a 2 milioni di euro di perdita netta, «abbiamo un anno di stipendi pagati per un festival che senza dubbio non avrà luogo» senza parlare dei prestiti bancari già erogati che si aggiungono alle perdite. Aggiunge che «la crisi del Corona virus per gli organizzatori dei festival, è l’equivalente di un anno di lavoro, non qualche mese», tuttavia l’organizzatore dichiara «è fuori questione che io mi separi da un solo dipendente».

Alla domanda se stanno pensando di riportare tutto di un anno, Barbaud dice che «vogliamo proporre a chi hanno i loro biglietti 2020 di tenerli per il 2021. Abbiamo la fortuna di dichiarare il tutto esaurito da tanto. I biglietti dell’Hellfest sono preziosi e puntiamo sulla fedeltà del pubblico. Speriamo che non avremo molte richieste di rimborso, questo ci permetterà di conservare della liquidità e di superare la tempesta. Anche le banche vogliono giocare il proprio ruolo, sono fiducioso.

Di rimandare il festival di qualche mese è fuori discussione perché «non siamo sicuri che la crisi sarà totalmente alle spalle a settembre. Ma soprattutto, non sarà più la stessa qualità. I gruppi americani non verranno» e continua dicendo che «annulleranno tutti le proprie tournée». Un festival a settembre decurtato di molti nomi potrebbe anche causare «numerose richieste di rimborso, è logico. preferisco rinviarlo di un anno».

Con l’assicurazione sarà un braccio di ferro perché l’organizzazione ha firmato alla fine del 2019 un’estensione anche in caso di pandemia «ben prima l’apparizione del virus in Cina» dice Barbaud*. Firma che è costata 200.000 euro. Tuttavia ci sono dei «disaccordi sui temimi del contratto. Secondo loro un asterisco esclude le polmoniti atipiche del tipo SARS [in francese la sigla è SRAS, ed è simile al virus del Covid-19 ma comparso ben prima, ndr]. Contestiamo questa lettura. Se non vogliono rimborsare, intraprenderemo una procedura. E il tempo che occorrerà, faremo appello ai nostri partner bancari, i quali hanno preso informazioni e ci hanno rassicurati».

*Ben Barbaud dichiara, testuali parole, che l’estensione è stata firmata a “fine 2019” e “ben prima la comparsa del virus in Cina”. Posto che fine 2019 è un tempo generico, il virus è comparso, nelle cronache dei giornali cinesi, già dal 17 novembre 2019 – lo cita anche il The Guardian – e alcune riviste scientifiche in lingua inglese ne parlavano appunto alla fine di quel mese. Del virus in Cina si è scritto che l’epidemia nasce tra ottobre e novembre del 2019, QUI e altrove in articoli scientifici in lingua inglese.
Questa nota non vuole assolutamente mettere in dubbio le parole dell’organizzatore o lanciare sospetti, semmai è utile a chiarire come l’aggiunta di eventi di rischio alla polizza assicurativa, sia stata una mossa tempestiva e decisiva, nonché probabilmente provvidenziale per salvaguardare da eventuali fattori di pericolo per la sopravvivenza dell’evento.

(segue…)

(Alberto Vitale)