copTHEBLACKRAIN(Atomic Stuff Records) Ok, l’acqua non ha forma. Ma, ad essere precisi, nemmeno la pioggia risulta essere nera. Poi, potenza o energia sono assolutamente relativi. E “hard rock” o “rock melodico” sono solo definizioni. Definizioni che sono solo etichette che finisco per staccarsi, perdersi, lasciando un vuoto. Ma i The Black Rain non sono dei novellini. Sono al secondo album e lo spazio dell’etichetta caduta non rimane vuoto. C’è una nuova etichetta, che riporta la formula per l’energia assoluta, una etichetta che osservandola si percepisce l’elettrizzante feeling di qualcosa di molto potente. Rock melodico? Molto. Hard rock? Più hard di quanto si possa immaginare. Metamorfosi, evoluzione. Ma costanza e stabilità, la stabilità di una line up confermata, di quattro musicisti estremamente in gamba che suonano in sinergia con energia, fantasia, convinzione, costruendo fantasie melodiche, illusioni ritmiche, magie ambientali, situazioni idilliche, tuoni surreali. Ed allora anche la pioggia potrà essere nera e l’acqua violerà le leggi fisiche assumendo forme in maniera indipendente, materializzando la musica di questa band che fa un salto immenso rispetto all’ottimo debutto. La nuova forma? Semplice… le canzoni sono molto più mature, ma non perdono l’arrogante potenza che ha caratterizzato il debutto, e non perdono nemmeno quella brillante melodia, dando però nuovo spazio, nuova dimensione (nuova forma?) alle componenti soliste, catapultando il progetto alle porte dei territori prog. Una ritmica di basso apre il disco, apre “Shadows”, apre con calore, con un groove invitante che cattura e catapulta dentro queste undici nuove tracce. Assurdo legame tra southern e rock moderno con “Mesmerize”, geniali costruzioni da potenziale radio hit con “(S)He’s So Amazing”. “Robert Johnson” prende a calci in culo melodie, costruzioni, complessità e vomita addosso un riff dritto e cattivo: la crudeltà dell’arma più semplice, parte di un arsenale costruito da cori, refrain leggendari e assoli maledettamente rock (ma con un tocco molto personale… ricco di stile). “Times Of Trouble” scuote e contemporaneamente eccita… melodia sensuale diffusa su concetti che spiegano in quattro minuti la definizione assoluta della parola “groove”. Hard rock adulto e pieno di fervore su “Brand New Shoe”, dolcezza e struggente coinvolgimento -anche grazie al tastierista guest- su “Without Love”, dove la voce di Mirko sembra raggiungere un’altra dimensione, un altro stato d’animo, un altro livello di emozionalità, ricordandomi David Coverdale. “Flamenco Dance”, cambia tutto, altra forma. Questa canzone è un autentico capolavoro ed è veramente il pezzo che impone all’acqua quella forma diversa, progressiva: arpeggi di origine iberica che si fondono con riff di matrice anglosassone, linee vocali con carisma italico ed una costruzione della canzone molto americana. Non so come siano riusciti a fondere pick slides con arpeggi di quel genere, scale di quel tipo, non so come abbiamo inserito un cantato lineare e aggressivo dentro questi confini delicati, coinvolgenti e magici. Ci sono riusciti, e questo pezzo da solo è una ragione sufficiente per comprare il disco. Il lato prog della band viene confermato dallo strumentale “Naked” che -di fatto- cambia la forma dell’acqua, prima di far chiudere il disco a “King Of Stone” (qui con un guest drummer), un pezzo immenso, dove Mirko va oltre se stesso per energia e calore… mentre un drumming superbo mi fa ricordare sonorità che non sentivo da molti, moltissimi anni. Un buon debutto è sempre una bella cosa, ma è pericolosissimo, c’è la prova terribile del secondo album che aspetta dietro l’angolo. Cos’era quel buon lavoro… rappresentazione di vero talento o un fugace lampo nel cielo? Per i Black Rain era sicuramente un lampo, ma il primo di un colossale temporale senza fine, dove tutto si trasforma, tutto muta, tutto viene rimesso in discussione; ed intanto l’acqua prende una nuova forma: quella della musica che questa grande band italiana è riuscita a comporre.

(Luca Zakk) Voto: 9/10