copNAGA(Lay Bare Recordings/Fallodischi/Shove Records/La Fine) Allibito. Sconvolto. Ma esaltato. Eccitato. Percepisco il nero, l’oscurità, la decadenza. Il Male. Quoto con immenso piacere una parte della presentazione della band: “Una macabra e ottenebrata danza di estremismo musicale, solo perché in Italia non ci sono chiese fatte di legno”. Fantastico. E vi garantisco che queste cinque tracce (sei con la bonus track “Vitriol”) esprimono malvagità ed occulto alla massima potenza. Musicalmente siamo su origini doom, ampiamente violentate da concetti post-core, che ricordano acts come Make, Crown, ma anche Godflesh. La cosa grandiosa è però la loro capacità di integrare ispirazioni esterne al genere centrale, riuscendo ad infliggere ulteriore violenza con accenni prettamente black metal. Le tracce sono tutte lunghissime, quasi sempre oltre i dieci minuti… ma è la più corta che cattura al massimo la mia attenzione: “Hierophania”, la seconda traccia è un assoluto capolavoro. Chiaramente orientata al black metal, viene introdotta in maniera sublime da un sample tratto dal film drammatico “Un borghese piccolo piccolo” (con Alberto Sordi), ovvero l’oscura e decadente frase pronunciata dal prete al funerale della moglie del protagonista. La geniale introduzione sfocia con odio e violenza superlativi nella canzone vera e propria, trasudando malvagità e disperazione senza fine. La opener “Naas” è doom privo di fonti di luce, un completo abbandono al nulla… rafforzato da melodie tetre, accelerazioni letali, rallentamenti osceni, arpeggi agghiaccianti. Coinvolgente “Eris”, perversa “The Path” anche se -giustamente- si sentono su entrambe richiami ad idee già note (anche se nel genere è difficile dire qualcosa di veramente nuovo). La title track conferma il carattere leggendario, epico, sublime di questo doom pestilenziale e mortale: la traccia, lunghissima, offre un tempo funereo e linee vocali estreme, che evidenziano l’orientamento blackned doom del progetto. I Naga sono solo al debutto. E non provengono dai soliti paesi freddi ed oscuri, dove la negatività viene espressa -forse- con una certa naturalezza. I Naga sono Italiani, sono Napoletani. Ed anche se lo stereotipo dipinge le loro origini con immagini solari piene di calore, il trio riesce a scavare nel profondo della decadenza umana, estraendo un qualcosa di morboso, nero, malvagio… un qualcosa assolutamente immune da qualsiasi influenza felice, luminosa, piena di vita.

(Luca Zakk) Voto: 8,5/10