copMORGOTH(Century Media) Fantasmi del passato. Orribili fantasmi del passato. Morgoth non è un nome estremamente noto. Anzi. Ma il suo subdolo e inquietante suono riporta in vita cose morte, cose proibite. Cose del passato. Era il 1985 quando si manifestarono le prime grezze incarnazioni di questo simbolo del death metal tedesco… ma solo nel 1989 comparve il primo EP e solo nel 1991 il primo full length. Erano tempi ottimi per putrefazione e morte, erano anni di decadenza, erano anni durante i quali il death metal era grande, era poderoso: Obituary, Pestilence, Immolation. I Morgoth condannarono alla vita tre album, l’ultimo del quale all’apice del loro declino, ai confini dello scioglimento. Poi silenzio. Tombale silenzio, tranne per i soliti remasters, best of e live. Poi il ritorno alla scena, il Wacken… e forse la rinascita del desiderio di produrre riffing letali, tremendi, autentiche condanne. Arriviamo quindi ad oggi, diciotto anni dopo l’ultimo incompreso album… e sembra arrivi il nuovo album, sembra che quelle immonde quantità di violenza e crudeltà abbiano trovato nuova putrefatta linfa vitale. Nel frattempo? Singolo. 7”, formato perfetto, con due tracce altrettanto perfette per provare che Morgoth vive, Morgoth persiste, Morgoth invade. “God Is Evil” è un titolo che mi attira morbosamente: mi attira come amante del death, mi coinvolge come amante del black. La title track offre gusti antichi, riffing cupi e veloci, pieni di ritmo travolgente. Growl poderoso, growl old school, growl terrificante, appartenente ad altre epoche. Normale vintage death metal? Forse. Ma dopo circa un minuto la canzone crivella i nostri moribondi corpi con una ritmica che contiene tutta la brutalità, il peso e l’odio accumulati negli anni. Il riff si evolve, diventa vagamente più moderno, più tecnico, completando un cerchio infernale di emblematico, supremo e… fottuto death metal. La canzone provoca due sensazioni: il corpo secerne sostanze varie, sudore e bava inclusi in quanto il solo pensiero della crudeltà di un full length di questi signori scatena un piacere immondo, oscenamente intimo. La seconda sensazione? Sempre sostanze prodotte da un corpo, ma questa volta un corpo agonizzante, morente, in fin di vita a causa delle feroci ferite inferte da brutalità e pesantezza del sound, dal tipo di mosh che questi riff possono scatenare sotto un palco. Il lato B offre “Dies As Deceiver”, più corposa, più lineare, un death metal scorrevole, suonato alla perfezione e certamente non privo di riffing cadenzati capaci di frantumare tutto ciò che circonda. Diciotto dannati anni. E l’album? Dovrebbe arrivare. Speriamo arrivi. Lo esigiamo. E’ la condanna che tutti vogliamo. Ammesso e non concesso che il giorno della sua release possa ancora vederci in vita: il singolo, solo il singolo, è una dose di veleno letale. Una morte orrenda. Una scarica di crudeltà che si manifesta in una serie convulsioni, di contrazioni, di spasmi che sono semplicemente incompatibili con la vita. Questo è il death metal che ho sempre amato.

(Luca Zakk) Voto: 8/10