photostageofrealityIn questa intervista con il chitarrista Andrea Neri, che ha lavorato anche con Blaze Bayley, conosciamo meglio gli STAGE OF REALITY, che hanno da pochissimo pubblicato il loro debut “The breathing Machines”. Buona lettura!

Salve Andrea, grazie per questa intervista! Parliamo anzitutto di come si è formata la band…

Tutto è cominciato nel luglio del 2013, quando ho cominciato a scrivere la trama del concept di “The Breathing Machines”. Dopo aver finito la trama sono passato ai testi, quindi alle canzoni vere e proprie e a ottobre ho finito tutti gli arrangiamenti. A questo punto ho cominciato a preoccuparmi dei musicisti (era anche ora direi…) e dopo un po’ di ricerche abbiamo cominciato le registrazioni.

Quindi diciamo che come band esistiamo da ottobre del 2013, anche se nel frattempo c’è stato un cambio in corsa perché Alessandro Accardi ha registrato la batteria del disco, ma non è rimasto in band ed è stato sostituito da Daniele Michelacci.

Almeno da quello che posso leggere dalle note promozionali, il concept che sta dietro “The Breathing Machines” è davvero ambizioso… ce lo descrivi maggiormente nel dettaglio?

Certo! “The Breathing Machines” è ambientato in un futuro più o meno prossimo dove il livello culturale è ormai ai minimi storici. Le persone sono prive di colore (grigi), di ambizioni e di opinioni. Il senso critico non esiste più e ognuno sembra seguire la cosiddetta massa.

Questo è lo scenario principale, quindi un pizzico di fantascienza e di narrazione di Orwelliana memoria, ma la scintilla vera è propria è la critica alla televisione di Pier Paolo Pasolini. Infatti, se la società di “The Breathing Machines” è arrivata a un tale inaridimento culturale, è colpa del cattivo utilizzo dei newmedia (televisione, web etc…) che a poco a poco hanno spento il cervello di milioni di persone.

Ci sono messaggi politici dietro la storia di “The breathing Machines”? A me sembra abbastanza evidente che ci stai parlando anche dell’Italia di oggi…

Io direi che rispecchia il mondo occidentale senza distinzione di paesi, però più che di un discorso politico, direi che si tratta di un discorso sociale, non farei divisioni di bandiera o di colore.

I brani che mi hanno più colpito sono (naturalmente) “Mindless” e la titletrack… cosa puoi raccontarmi al riguardo?

“Mindless” è il centro nevralgico del concept, un brano di undici minuti che racconta di come un amico del protagonista abbia deciso di farsi sostituire il cervello biologico con uno cibernetico, così da non avere più nessuno stimolo personale. In pratica, col cervello cibernetico sarà in grado di eseguire solo fredde operazioni di routine fra le quali è compreso anche mangiare, bere, lavorare, divertirsi al parco… Il problema è che farà ognuna di queste cose non per scelta, ma per necessità fisiologica. La differenza fra scelta e necessità non è da sottovalutare.

“The Breathing Machines” è la title track e descrive la situazione all’inizio del racconto, facendo un quadro della città bianca dove vive il nostro protagonista, priva di colori, odori, dove non esistono più i libri e dove tutto è sterile e privo di reale interesse.

Sono colpito dal sound del disco… credo ne sia venuto fuori un mix di generi e influenze che non ha molti paragoni in Italia. Il vostro è un album che, potenzialmente, mi sembra più orientato verso il mercato estero che quello interno. È così anche per te?

L’intento è quello di rivolgersi a un pubblico ampio, credo che anche l’argomento, oltre al genere, possa essere apprezzato da paesi diversi dall’Italia. Poi certo, se consideriamo che il mercato nostrano oggi non è proprio florido… Magari una scappata fuori bisogna farla prima o poi no?

Come descriveresti, in base alle tue personali esperienze, la scena metal italiana rispetto a cinque o dieci anni fa? Credi che un progetto come il tuo abbia più chance, oggi, di farsi apprezzare?

Come dicevo, se prima era complicato, oggi è veramente difficile, l’unica strategia è produrre qualcosa di internazionale che possa farti apprezzare anche in posti dove il mercato è più reattivo.

Una domanda sulla tua attività live: ho letto in giro che hai suonato a lungo con Blaze Bayley, è possibile sapere di più al riguardo?

L’esperienza con Blaze ha significato molto, dopo aver registrato “The King of Metal” abbiamo fatto un tour di tre mesi in 27 paesi europei e ho potuto toccare con mano la situazione, rendendomi conto del famoso ‘mercato estero’.

Dal punto di vista artistico, Blaze è un vero animale da palco e ha veramente tanto da insegnare: da come fare una scaletta a vari trucchetti per far si che il concerto non sembri una seratina fra amici, ma un live vero e proprio a prescindere dalla dimensione della sala o dal numero di persone che verranno a vederti.

Quali sono adesso i vostri piani? C’è un tour o qualche altra iniziativa pronta?

Stiamo contattando diverse agenzie di booking perché ora quello che ci serve è suonare come supporto a band più grosse di noi e farci conoscere, quindi: Agenzie!!! Se ci siete battete un colpo!!!

Lascio a te come di consueto la chiusura dell’intervista. Grazie per il tuo tempo e a presto!

Grazie per l’opportunità che ci avete concesso e complimenti per la vostra webzine, invito chiunque voglia saperne di più su “The Breathing Machines ad andare sulla nostra pagina facebook “stageofreality” o sul nostro sito web www.stageofreality.com.

Ciao!

(René Urkus)

Recensione