copulvedharr

(Nemeton Records) Chiunque può suonare ciò che vuole e presentandosi attraverso un’immagine di se assolutamente arbitraria. Nel metal poi l’immagine ha la sua importanza, anzi ha una sua funzione non secondaria. Avere un logo e un’iconografia che rimanda a folk-viking-pagan metal e dintorni, quando il proprio sound si rifà largamente a un thrash di natura teutone (e svizzero se possibile, vista la comunanza con certe sonorità dei Celtic Frost), fa di certo sensazione. Il thash-death attuale degli Ulvedharr è più corrosivo, molto ritmico e con esili venature che rimarcano linee thrash-hardcore vecchio stampo. Cose decisamente lontane da un logo e tutto il resto a seguire che si rifà a popolazioni barbariche, antiche civiltà europee e relative mitologie. Tuttavia la musica è ciò che conta al netto di tutto. Gli Ulvedharr piantano un groove esile ma insistente nei pezzi e questi hanno un loro impatto, ma anche una certa serialità per via della scarsa presenza di assoli o fraseggi che rompano un certo duopolio tra ritmi battenti e un riffing che non si decide mai a giocare solo sul ritmo. Assalti continui, serrati, ma semplici assalti con quel piglio thrash metal aggressivo di una volta e con un tonico sottotesto death metal di scuola Unleashed, unico vero contatto con la matrice ‘nordica’. La title track ha un’epica smaccatamente vikinga, ma “Skjaldborg” presenta un retaggio pseudo hardcore nel suo attacco iniziale. La voce di Ark tuona imperiosa e da un ulteriore spessore al sound. Sezione ritmica robusta, cementificata da un riffing forte, solido, ma non esaltante nelle fatture e tuttavia “Ragnarök” si nota per il suo caricare a testa bassa, in modo ossessivo, ottuso e privo di una costruzione di grande respiro. Uno stile ruvido e da picchiatori, perfetto per chi è soddisfatto di strutture scarne e d’impatto.

(Alberto Vitale) Voto: 6,5/10