fotoSelvans2In attesa dell’uscita del debutto discografico, cogliamo l’occasione per una chiacchierata con Selvans Haruspex, ideatore del progetto Selvans, una nuova realtà che si prepara a colpire l’immaginario del Black Metal atmosferico e non solo.

Prima domanda: Da dove esce il nome del gruppo e dell’imminente album? A memoria ricordo una parola simile al vostro nome in un testo scolastico del liceo inerente la storia antica. Ho preso un abbaglio?

No di sicuro, sono due nomi appartenenti alla tradizione italica antica: ‘Selvans’ è il dio etrusco delle selve e delle attività agresti, ‘Lupercalia’ era invece il nome di una festività romana in onore del dio Fauno di cui Selvans era in qualche modo divinità corrispondente nel pantheon Etrusco.

Il vostro lavoro può essere definito un concept? C’è una storia sottostante o esiste un filo conduttore che lega pezzi dell’album?

Nessun concept. L’unico filo conduttore è il ‘tono narrativo’ e l’atmosfera che vogliamo creare attorno a chi sta ascoltando la nostra musica, per il resto trattiamo storie temporalmente distanti le une dalle altre, con punti di vista diversi e senza protagonisti.

Domanda più tecniche: come avviene la nascita di un pezzo dei Selvans? È un lavoro di squadra o vi riunite solo per ordinare le idee e registrare?

L’intera struttura dei pezzi nasce da me sulla base di tematiche ben definite e riff raccolti insieme precedentemente; ci riuniamo in un secondo momento per arrangiare e registrare chitarre e basso.

Titoli a volte criptici o comunque non immediati, in passato anche parte di testi in italiano, latino, dialetto pure … Il tutto mi porta a pensare che ci sono stati massicci studi e ricerche alla base delle vostre liriche e delle composizioni in generale…

Sì, c’è una forte passione per l’Italia antica e leggendaria, per i misteri e la parte occulta della nostra nazione ed è inevitabile che questo traspaia dal modo in cui ci esprimiamo nei testi e nelle sonorità.

Pensi che lo stesso deve essere fatto dall’ascoltatore di un vostro album? Nel senso che anche a lui spetterà una ricerca del significato dei vostri versi? O preferite che il significato ultimo del vostro lavoro musicale debba essere più che altro trasmesso attraverso le sensazioni suscitate dalla musica e dall’atmosfera del disco?

Credo che musica ed atmosfera del nostro album riescano già da sole a trasmettere quello che vogliamo. Per il resto, non c’è una via prestabilita per approcciarsi alla nostra musica; mi farebbe piacere sapere che, tramite i titoli dei nostri pezzi, l’ascoltatore inizi ad interessarsi ad un certo tipo di tematiche.

Piccola parentesi… Conosco un’altra realtà simile per certi versi alla vostra. Si chiamano Delirium X Tremens. Li conosci? Fanno Death tecnico e sono bellunesi. Cantano delle loro terre (il titolo stesso dell’album è un omaggio alle montagne e alle storie che possono raccontare) con parti in italiano e in dialetto bellunese. Nei live si vestono da alpini! Vedo in entrambi i gruppi, loro e voi, un forte attaccamento al passato e a ciò che può dirci/insegnarci…

Sì, li conosco, non è da tutti scrivere un pezzo su papa Luciani come hanno fatto loro. Se non sbaglio cantano di vicende legate alla loro città natale, noi invece cerchiamo di rompere i confini del luogo dove viviamo, ma la trasversalità dei temi trattati e il passato quale minimo comun denominatore tra i pezzi, senza porsi limiti sugli argomenti da trattare, sono senz’altro una caratteristica comune.

Selve, attività agresti, dio Fauno… Posso chiederti se conosci “La Foresta dei Mitago” di Robert Holdstock? Un romanzo inglese che parla del ruolo centrale che il bosco, inteso come luogo idealizzato, ha assunto nel corso dei secoli per la civiltà. In questo romanzo i cosiddetti “miti” non sono altro che figure in carne e ossa nate però da un inconscio collettivo, che prendono vita spontaneamente nel cuore delle foreste millenarie. Ad esempio Robin Hood sarebbe stato il prototipo della persona scaltra e moralmente propensa ad aiutare il popolo contro la corruzione della tirannia. Cosa pensi al proposito? Ti chiedo questo perché dagli estratti del lavoro che go sentito e da quanto mi hai detto poco fa, il termine “silvano” riassume bene l’atmosfera che ho percepito…

Non lo conosco ma hai colto perfettamente il senso della nostra ‘selva’. L’analisi di Holdstock ricalca perfettamente quella del mito stesso in ogni cultura: i miti, così come le favole, sono metafore della realtà, rivisitazioni personali di ciò che è accaduto realmente; nella storia gli eroi hanno sempre rappresentato dei prototipi da porre come esempio per il lettore. Un’interpretazione aggiuntiva del nostro bosco è quella di un luogo immutato, scenario ideale di storie tanto distanti tra loro come quelle che raccontiamo.

È lampante che ami la tua terra. Ti andrebbe di raccontarci qualcosa della tua Regione e di consigliare dei luoghi più nascosti e misteriosi ad uno che non l’ha mai visitata? Ti chiedo questo perché penso che il luogo dove si nasce influenza più di ogni altro fattore quello che poi uno mette in musica…

Il Lago di Scanno, Rocca Calascio gli eremi sparsi per la Regione…Sono molti i luoghi misteriosi d’Abruzzo anche se ci sono alcuni luoghi ‘personali’, meno altisonanti e turistici dove sono solito recarmi per riflettere sui pezzi. Viviamo in una regione che offre molto dal punto di vista naturalistico e alcuni posti sembrano usciti da favole antiche, per cui è naturale per noi attingere dalla tradizione abruzzese, come hai detto anche tu. Allo stesso modo però, ci sentiamo liberi di visitare e apprezzare altri luoghi suggestivi d’Italia, studiando la loro storia e interpretandola con la nostra musica, senza rimanere intrappolati in inutili campanilismi.

fotoSelvans1Cambiamo completamente argomento. Non ho potuto fare a meno di notare che avete curato veramente molto la vostra immagine, sia visiva che “di contorno”, per preparare al meglio l’uscita dell’album. Non posso non citare la Avantgarde, a mio parere attualmente la miglior label italiana per le realtà “alternative” in Italia e non solo. Una così minuziosa cura dei particolari, culminata con un packaging della versione limitata davvero bellissimo, vi avrà sicuramente dato un metro di misura su come lavora la vostra label. Pensi di avere, come compositore, carta bianca o magari c’è stata una collaborazione per alcuni aspetti della vostra immagine e per il cd inteso come prodotto finito?

In merito al livello di Avantgarde Music credo che i fatti e nello specifico la qualità delle release parlino da soli. La Avantgarde ha scommesso su di noi, aiutandoci ad esordire con ‘Clangores Plenilunio’, un EP dall’immenso valore affettivo poiché tributo ed opera postuma di Jonny (Jonny è stato il primo batterista e cantante della band, è morto in un incidente stradale a giugno poco prima di entrare in studio, ndr), creato utilizzando proprio la pre-registrazione di voce e batteria di Jonny. Volevamo che uscisse nel modo giusto più adatto a rendergli il giusto onore e così è stato. Mi sono occupato in prima persona del design di entrambe le uscite: tutto il lato visivo ed iconografico di Selvans nasce nella mia mente e grazie a Roberto Mammarella, boss della Avantgarde Music, queste idee diventano realtà.

Nell’era del digitale la controparte live di un album sembra assumere una parte sempre più marginale. La domanda può sembrare bizzarra, ma vista la natura consumistica a cui il music business è andato incontro ultimamente, per voi che senso ha un vostro evento live? Per voi è pura pubblicità o volete creare empatia con il pubblico e cercare di ricreare dal vivo le sensazioni incise su album?

Guarda, il fatto di avere un set scenico e un’immagine curata – ma anche il solo fatto di mantenere un’attività live costante e di livello – è spesso visto con sospetto e automaticamente etichettato come tutta ‘scena’ . Questo pregiudizio nasce dal fatto che in giro è pieno di gente che sarebbe pronta a vendere sua madre pur di salire su un palco e, nell’attesa, passa le giornate su Facebook a controllare quanti like ricevono i loro post e a denigrare chi suona live; se a questi fenomeni aggiungi l’altra faccia della medaglia, cioè quelli che pagano fior di soldi per comprare slot ai concerti e giocare alle rockstar per una notte, avrai la ragione per la quale al giorno d’oggi suonare fuori e magari con un set elaborato, scenografie ecc possa passare facilmente per una farsa fatta solo per soldi e velleità… Suonare live per una band è senz’altro pubblicità (sarebbe ipocrita negarlo) ma credo che dall’esterno si percepisca chi non è lì per svolgere il ‘compitino’: per Selvans l’importante è offrire uno spettacolo che venga ‘sentito’ dal pubblico, che lasci qualcosa, e riuscire a portarlo ovunque esso possa essere compreso nella sua interezza, andando oltre la presenza scenica. Qualora, in futuro, questo nostro intento inizi ad essere travisato o difficile da realizzare, smetteremmo di suonare dal vivo.

fotoSelvans3

Restando in tema live, puntate molto sull’immagine… Puoi raccontarci di come è nata l’idea delle vostre incredibili maschere? Molto d’effetto…

Mi sono imbattuto anni fa nella maschera: era su una bancarella ma non avevo soldi per comprarla, dopo qualche tempo sono riuscito a rintracciare l’artigiano che le realizza e abbiamo deciso di introdurle nell’immaginario di Selvans. I costumi in generale nascono da una mia idea sviluppata dal nostro costumista Attilio. Si ispirano alle figure degli Aruspici e dei Folgoratori della tradizione etrusca e al mito degli Hirpi Sorani, che dà il nome anche ad un pezzo dell’album.

Ok. L’intervista è finita. Nel ringraziarti per la disponibilità e per il tempo trascorso a chiacchierare, ti lascio le ultime righe per un saluto ai lettori…

Grazie a te! Sequestrate il gestore del negozio di dischi più vicino costringendolo a procurarvi la vostra copia di “Lupercalia”. Ci si vede on stage a Novembre, toccheremo diversi angoli della penisola per cui non avrete scuse.

(Enrico “Burzum” Pauletto)