copDividedMultitude(Fireball/Indie/Soulfood ) E siamo a 20. Venti potentissimi anni. Da tanto tempo sono in giro i norvegesi Divided Multitude, creatura dei fratelli Harøy che dal giorno zero danno linfa a questo act che giunge così al nuovo (il quinto) lavoro omonimo, restando fedele ad un metallo melodico, sinfonico, progressivo, pesante, ricco di ritmica, sulla scia di Symphony X, Jorn, Masterplan… ma con una certa vena di personalità molto distinta. Intanto la line up diventa più variegata con i guest, considerando anche l’attività incrociata con i Crossnail (ex Teodor Tuff) che vede nuovamente impegnati i due fratelli: vari i ruoli al microfono, compreso il lead singer dei Crossnail stessi (il cugino Terje Harøy), Brian Ashland dei Shadow Gallery, poi lo stesso tastierista, il bassista, oltre al lead Sindre Antonsen. L’album si sviluppa su dieci intense tracce, spesso molto lunghe (non c’è quasi nulla sotto i cinque minuti, ma la soglia dei sette e dei nove viene superata spesso), sempre coinvolgenti, ricche di fantasia, hanno una capacità di trasportare senza mai -assolutamente mai- dimenticare la radice heavy che è alla base della band: riff monolitici tuonanti sono sempre presenti, sempre intensi, sotto i bellissimi singings, o a supporto di tastiere e chitarre soliste. Oltre un’ora che esalta, non stanca, coinvolge ed elettrizza! Poderosa la opener “Immortal”: cattiva, tagliente, offre un principio di growl prima di linee vocali power metal stupende, circondante da riff crudeli, tastiere sognanti, linee di basso calde e suggestive; la canzone procede secondo una logica prog, dove tutto si evolve, cambia… fino a stacchi spezza ossa forse semplici ma… semplicemente immortali. Dinamica e trascinante “Closure”, suggestiva “Only For You”. Il metallo si fa rovente, e molto tecnico, con “Sacrificed”, un pezzo con tastiere soliste superlative… le quali continuano nella fantastica “Proud” (dove canta il grandioso Brian Ashland), forse il pezzo che -per certi versi- evidenzia l’unicità della mente creativa che accomuna anche i Teodor Tuff/Crossnail. “Demise” è dannatamente veloce, molto power, tirata e Terje Harøy si scatena senza limiti. “Redefined” è una traccia fantastica, struggente, con un dolore racchiuso in riff pesantissimi, mentre la successiva “How Many Tears” scorre impetuosa e ricca di melodia. Il capitolo finale è il più lungo: con i suoi oltre nove minuti “Seal Of Faith” offre emozioni profonde, intense, ricche di intimità ma anche di esplosiva energia, emozioni che riassumono perfettamente l’ottima vena creativa dei due fratelli del Trøndelag. Un album che mostra la maturità del ventennio, ma anche la freschezza, la purezza, l’energia di un primo album, di un debutto discografico esaltante, ricco di speranza, istinto, convinzione assoluta. Ed oggi, forse escludendo solo Jorn Lande, questa è merce rara, introvabile. Quasi estinta.

(Luca Zakk) Voto: 8,5/10