copDEADBEHINDTHESCENES(Autoproduzione) Giungono al debutto i Lombardi Dead Behind The Scenes, band giovanissima (tutti i componenti hanno tra i diciotto e diciannove anni) nata nel 2010, inizialmente con il moniker “The Scream”. Va subito detto che la proposta musicale del gruppo è abbastanza estranea al metal, orientandosi invece verso un alternative rock piuttosto eclettico, caratterizzato da una versatilità ed apertura mentale che consente ai musicisti di spaziare da melodie pop ariose ad oscure sonorità post grunge, passando per il punk rock ed il reggae. Un mix di sonorità alquanto eterogeneo, che se mal gestito potrebbe creare un polpettone senza né capo né coda. I Dead Behind The Scenes riescono, invece a coniugare le varie componenti in maniera fluida, e le composizioni risultano scorrere fluide ed altamente godibili. Certo, alcune parti sono perfettibili, come, ad esempio i cori presenti nel brano “No Name Song”, un po’ troppo semplici ed acerbi. Ma i ragazzi hanno un’ottima padronanza degli strumenti, buone melodie e ampi margini di miglioramento, considerata la giovane età. “I Love Matt” è un pezzo dalle sonorità prettamente grunge, con riffs di chitarra semplici e potenti, sovrastati da parti di tastiera per nulla banali, ed un cantato strano ma accattivante, una via di mezzo tra Billy Corgan e Serj Tankian. “Bulletproof Soulmate” poggia le basi su una ritmica reggae, sulla quale si stagliano note di pianoforte, alquanto inusuali ma davvero indovinate, che si alternano a spruzzate di elettronica, anch’esse ottimamente integrate nel brano. “No Name Song” ha un certo potenziale radiofonico, per via delle melodie vocali fin troppo semplici e melense. “Sex Rock & Rock’n’roll” è il pezzo più tirato del lotto, caratterizzato da sonorità punk, per quanto riguarda le chitarre e la sezione ritmica, mentre le tastiere alternano parti di hammond ad altre di matrice new wave. “Sometimes You Have To…” ha nel ritornello il proprio punto di forza, grazie ai contro cori, questa volta davvero ben orchestrati, ed a sonorità che richiamano vagamente i Beach Boys. Un lavoro sicuramente insolito, intriso di diverse sonorità, convogliate in cinque pezzi sorprendentemente maturi e ottimamente assemblati.

(Matteo Piotto) Voto: 8/10