copBrutus(Svart Records) Tornano i Brutus, la band norvegese (e svedese) che non appartiene all’epoca moderna. No. Loro sono rimasti nei primi anni ’70 e non hanno alcuna intenzione di cambiare, di far passare il tempo, di aggiornare le mode e gli stili. I Brutus suonano così vintage che la parola “vintage” stessa è riduttiva, in quanto definizione di cosa datata comparata con i tempi moderni, tempi che per i Brutus non sono mai giunti, anni che per loro non sono proprio mai passati. Anche l’approccio allo studio è puro e privo di modernismi: “Wandering Blind” è stato infatti registrato in presa diretta in soli quattro giorni dentro lo studio, questa volta supportati da un produttore che ama sinceramente questo sound, questa dimensione, quella musica di un’epoca in un certo senso di scoperta, di pionieri musicali. Il nuovo lavoro, rispetto al precedente, è più inteso, più ricercato negli arrangiamenti, pur rimanendo fedelissimo ad un rock/blues d’annata. “Wandering Blind” suona più cristallino, più potente con un particolare risalto al vocalist che mantiene il suo timbro un po’ Ozzy un po’ rock settantiano, un timbro coinvolgente e stimolante. La title track apre il disco con energia e carica emotiva, ed una chitarra solista incisiva. Ruggente “Drowning”, melodica e suggestiva “Axe Man”, lasciva “Whirlwind Of Madness”, costruita su una linea blues calda ed un singing emozionale. Grinta su “The Killer”, riff deliziosamente ossessivo su “Blind Village”, vagamente inquietante sulla conclusiva “Living in a Dave”. Nove tracce di altri tempi in tutti i sensi. Una band coraggiosa e fedele ad uno stile, una band che nonostante la dichiarazione di intenti risulta fresca, creativa, intrigante ed estremamente godibile, con un piacere che cresce ascolto dopo ascolto.

(Luca Zakk) Voto: 8/10