copStuckMojo(Stuck Mojo Music) Nuovo album a distanza di ben otto anni dal precedente “The Great Revival” per gli Stuck Mojo, tornati in pista con una formazione rimaneggiata: al basso troviamo Len Sonnier, che sostituisce lo storico bassista Corey Lowery, mentre il compito di sostituire dietro al microfono il carismatico Bonz, spetta al cantante Canadese Robby J. Lo stile della band rimane invariato, proseguendo con il rap/metal di cui sono stati tra i pionieri, ben prima di Rage Against The Machine e Limp Bizkit. Rispetto alle due bands citate, gli Stuck Mojo hanno sempre mantenuto una massiccia attitudine metal, con riffs pesantissimi di matrice thrash/groove, a differenza dello stile maggiormente funky dei RATM e la vena pop dei Limp Bizkit. “Here Come The Infidels” è un album compatto, massiccio e diretto, perfettamente in stile Stuck Mojo, pieno di pezzi potenti sui quali si stagliano le taglienti rime di Robby J., in grado di non far rimpiangere il predecessore Bonz, pur avendo uno stile un po’ meno schizoide di quest’ultimo. La title track, posta in apertura in apertura, è estremamente aggressiva, dal riffing veloce alla Hatebreed e dal ritornello piuttosto immediato, adatto ad essere gridato dal pubblico in sede live. “Rape Whistle” alterna riffs ipnotici e groovy a parti percussive che richiamano alla mente i P.O:D. “Charles Bronson” è caratterizzata da ritmiche funky, molto vicine allo stile dei “Rage Against The Machine”, mentre le metriche di Robby J. sono convincenti e coinvolgenti. “The Business Of Hate” è feroce, senza fronzoli, hardcore alla Hatebreed, che si stempera solo verso la fine in una parte rappata seguita da un chorus melodico. “Verbal Combat” è caratterizzata da un ritornello fin troppo ruffiano e sdolcinato, decollando solo nella sezione rappata, dove tra l’altro vengono citati nel testo Anthrax e Public Enemy. “Destroyer” è aperta da note di pianoforte, ed in tutto il brano prevale la componente hip hop, ricordando fortemente i Linkin Park e i P.O.D. “Fire Me” è un po’ spiazzante in quest’album: trattasi di un mid tempo dal forte sapore hard rock, magari leggermente fuori contesto, ma decisamente accattivante, a dimostrazione che la band non ha perso la voglia di osare. Un album che ci restituisce una band in buona forma, in grado di sfornare pezzi originali e di buona qualità, seppur lontani dalla freschezza di canzoni quali “(Not Promised) Tomorrow”. Un ottimo ritorno.

(Matteo Piotto) Voto: 7,5/10