(Peaceville Records) Se volevate una recensione di parte, la state or ora leggendo. Si perché io ci son cresciuto coi Dakthrone e per me sono un gruppo imprescindibile dell’estremo. Perciò bando alle ciance, amanti delle leggende nordiche (perché i Darkthrone leggende sono, al pari di Babbo Natale…) e passiamo a parlare dell’album numero 17, se il calcolo non è tradito dall’emozione, per una coppia che non ha mai perso l’ispirazione. Diciamo subito che le ultime tendenze del combo sono state ritrattate praticamente in toto, presentando di fatto alle nostre orecchie un album Black Metal a tutti gli effetti. La voce di Nocturno Culto non tradisce per nulla le aspettative, come ha fatto in tutti gli album in effetti. Ugola di cartavetro e pestifera da morire, uno spirito indomabile che mette su nastro un estro secondo solo alla voce dei Mayhem… Poi c’è sua santità Fenriz, fautore di un ritmo sanguigno che prende nelle ossa, come appunto un fulmine che viene direttamente dall’Artico. Fin qui niente di nuovo… Ma come suona esattamente l’ultima fatica dei nordici ed inossidabili metallari? I primi due pezzi sono di classico stampo Darkthrone, ritmi medio-veloci, atmosfere nere e attitudine decisamente stile anni ’80. Il minutaggio medio è piuttosto sotto la media se si considerano i loro primi lavori, nella norma comunque se si considera una normale canzone Black. Alcune tracce, come “Boreal Fiends” sono doomeggianti e più lente, ma si tratta di inserti musicali atti a riprendere fiato in un album che non conosce molti compromessi. Allora, “Arctic Thunder” non è uno dei capolavori assoluti della coppia, ma siamo decisamente di fronte ad un disco Black Metal con i fiocchi, al di sopra del 90% della produzione estrema mondiale. Bentornata, gentaglia!

(Enrico Burzum Pauletto) Voto: 9/10

(Peaceville Records) Un riff dirompente e un 4/4 alla “Quintessence” e il diciassettesimo capitolo della storia musicale dei Darktrhone si apre solenne e immenso. L’opener “Tundra Leech” rievoca i fasti di un certo passato, quello in cui il black metal era l’unico linguaggio riconosciuto dai due Signori del genere. “Arctic Thunder”, nome altisonante per un ponderato ritorno al genere del quale i Darkthrone sono l’essenza, nonostante poi da qualche anno Nocturno Culto e Fenriz se ne siano un po’ allontanati per andare verso una tradizione heavy metal, a volte misto a un punk approssimativo. “Arctic Thunder” guarda un po’ alle origini e mostra al contempo un songwriting completamente prevedibile: canzoni scarne, fatte di riff che si fissano nella testa, con andature poderose. Pochi gli atti di fantasia, tipo “Boreal Fiends” canzone nella quale la presenza dell’heavy/black è al massimo grado e i contorni di creatività maggiori si ritrovano poi nel sontuoso drumming e nell’assolo della chitarra. Tuttavia i Darkthrone sono sempre simili a se stessi e con “Arctic Thunder” non limano sufficientemente quell’heavy metal che a tratti sa di parodia, come è accaduto nelle loro ultime release e a pensarci bene una canzone come “Throw Me Through The Marshes” ne è una prova, vista la forte assonanza con i Celtic Frost. Su questo album non c’è da fare un discorso che miri a evidenziare luci e ombre, le quali esistono, ma è chiaro che nel momento in cui l’ascoltatore vi entra a contatto, riesce facilmente a prevedere tutto quello che avverrà in ogni singola canzone. Un bene questo per i fans perché li rassicura. Meno bene il fatto di apparire calcificati in un ruolo compositivo ormai sfacciato. Si resta dell’idea che in fin dei conti sia meglio così perché i Darkthrone sono l’essenza di un genere, lo si scrive per la seconda volta, pur restando ancorati a un heavy che cova nelle forze del black metal. Una scelta chissà se audace, ma certamente personale.

(Alberto Vitale) Voto: 7/10