(Sleaszy Rider Records) Era dall’inizio del 2015 che gli italiani Roxin’ Palace predicavano l’arrivo del secondo lavoro, il disco che doveva far seguito al debutto omonimo uscito nel 2013 (recensione qui). Poi vari concerti, tour… e pure cambi nella line up importanti, singer compreso, hanno rallentato tutta la faccenda. Finalmente ce l’hanno fatta, sbattendo in faccia al pubblico una dozzina di brani esplosivi e grintosi, tutti racchiusi in questo “Freak of Society”. Il nuovo vocalist è più rabbioso, più sporco… e considerando il genere mi viene un po’ da fare un confronto simile a quello che un milione di anni fa si fece tra l’uscente Neil e l’entrante Corabi nella formazione dei Motley! Qui entra in gioco il lato artistico: la band è riuscita a circondare le corde vocali di AI con una musica più cattiva, a tratti southern, non compatibile con una ugola più squillante ma perfetta per la potenza del nuovo elemento. Il circo malato dell’intro (ovvero la title track) trascina l’ascoltatore su una “Monsters Love” travolgente, tirata ma anche molto melodica, a cavallo tra l’hard rock underground e quello da arena… con un tocco a-la Judas Priest. Pulsazioni fuori controllo con “Gangs Eraser”, perdizione e atteggiamento lascivo con la devastante “Thai of Mine”. Dolce, riflessiva ed oscura “L.A. Mist”, una traccia che rivela qualcosa del rapporto della band con la mecca dell’hard rock, visto che anche nel debutto c’era una canzone con questa impostazione intitolata “Gothic L.A.”. Esplode tutto con “Monkey Junkie”, metallo pesante con “Rockers Of The Eagle”, molta melodia e tanto divertimento con “Neighbourhood Stars”. Ottima la power ballad “Freak?”, mentre “F.A.N.” unisce metallo sfacciato ad un qualcosa di più profondo e curato. “Little Lizzy” è stata rilegata in chiusura, un vero peccato perché è un qualcosa di molto simile ad un singolo da radio, assolutamente da non ignorare o dimenticare! Hard rock insomma, sleaze a manetta. Poca tranquillità, tanto dinamismo ed una crescita tecnica e compositiva molto percepibile al confronto diretto con il debutto. Certi tecnicismi (che venivano dal passato artistico dei fondatori) che emergevano all’epoca ora sono meno evidenti: la musica è scritta e suonata per il suo scopo, il suo target, per il suo contesto e non farcita per forza senza una vera e propria linea conduttrice. I Roxin’ Palace già erano un ottimo esempio di hard rock made in Italy, ma con “Freak Of Society” fanno un salto in avanti e provano al pubblico che non solo abbracciano alla perfezione quell’impostazione sleaze anni ’80, ma anche a livello musicale riescono a confezionare qualcosa che sembra uscito nell’epoca d’oro, pur iniettando una overdose di personalità moderna certamente identificativa.

(Luca Zakk) Voto: 8,5/10