(autoproduzione) Gli Hellcowboys non vi offrono alcunché di nuovo, ma sappiate che ogni loro suono e nota costituiscono delle canzoni sinceramente robuste, toste e che fanno una certa presa. Un groove che serpeggia ovunque attraverso un basso che da una dimensione ulteriore alle chitarre, ammantate da una distorsione di tipo ‘zanzara’. Proprio le chitarre però riescono a produrre delle linee melodiche importanti, come anche gli assoli che si staccano dai granitici riff ritmici. Batteria agile e un cantato che incede nelle modalità del crossover, cioè intercalando strofe alla maniera hardcore, con altre in maniera free style. Groove metal, crossover e dunque thrash e speed metal, stoner, qualcosa di hardcore, infiammano per almeno mezz’ora l’ascoltatore. Qualcosa degli Anthrax, forse anche dei Sepultura, ma in definitiva oltre ventinove minuti sono una sincera e accorata sberla rivolta alla faccia dell’ascoltatore e delle platee che fronteggeranno gli Hellcowboys davanti al palco. Una sberla data in maniera irruenta e con tono da baldoria. La band si definisce southern thrash metal per quanto riguarda il genere e magari ha ragione, viste certe linee riconducibili per esempio ai Pantera; nonostante ciò chi scrive sente anche qualcosa di crossover e di un thrash simil Anthrax e Nuclear Assault che altro. Chi abbia poi ragione non importa, l’identità vera se la crea la band e con una pubblicazione omonima che in definitiva crea qualcosa di gradevole, d’impatto e con una dose di scanzonata attitudine rock and roll. Proprio il rock and roll mette d’accordo chi scrive e gli Hellcowboys su cosa vi sia in questo loro lavoro omonimo.

(Alberto Vitale) Voto: 7/10