(Nuclear Blast) Sono rimasto spiazzato e positivamente impressionato dal quinto album auto intitolato dei Suicide Silence. Mi sarei aspettato che la band statunitense, una volta consolidata la propria leadership nel panorama deathcore mondiale, si sedesse sugli allori, ripetendo la formula che li ha resi famosi. Devo invece constatare che i nostri non hanno avuto paura di evolversi, abbandonando soluzioni abusate e donando una ventata di freschezza al proprio sound. Intendiamoci: le caratteristiche del sound targato Suicide Silence non mancano; rimangono presenti i riffs pesanti e monolitici, le vocals ora gutturali, ora urlate, come troveremo i classici breakdowns tipici del genere. Ma oltre a tutto questo, la formazione capitanata dal chitarrista Chris Garza ha aggiunto una massiccia componente melodica, con parti ariose ed atmosferiche, vocals pulite vicine al metalcore e soluzioni inusuali, vicine al nu metal (in alcuni frangenti mi ricordano qualcosa di avvicinabile al Deftones). Devo dire che questa scelta, se inizialmente può spiazzare l’ascoltatore, dopo alcuni ascolti si rivela vincente, grazie ad un’imprevedibilità che negli scorsi album è andata via via dissipandosi, per via di un sound troppo monolitico che alla lunga rischiava di finire di avvitarsi su se stesso. Un album ambizioso, in cui la pesantezza che da sempre caratterizza la band è unita in maniera efficace ad una vena sperimentale e maggiormente accessibile allo stesso tempo.

(Matteo Piotto) Voto: 8,5/10