 (Pure Steel) Preceduto di una sola settimana dalla raccolta “Ashes to Ashes”, recensita QUI, arriva il nuovo album di inediti dei britannici Sacrilege: il sound della band sembra essersi ancora incupito rispetto al passato, e il risultato finale è oscuro e dannato come non mai. Il disco si apre e si chiude con una cadenzata e horrorifica “Death March 666”: in mezzo, nove brani bui e spesso proprio tendenti al doom. Molto ritmata, quasi alla Candlemass, “Welcome to the Dragons Den”: il riff di base è genuinamente anni ’80. Opprimente la strofa di “Lucifer’s Soldiers”; doom puro e sabbathiano, saldamente ancorato agli anni ’70, con la lunga “In Hell”, con un ritornello urlato semplice quanto efficace. Ipnotico il riff di “Forever after”; “Paranoia” si volge all’acustico senza cambiare le coordinate del sound. L’apice del disco è naturalmente costituito dalla suite “Eyes of the Lord”, che assieme al suo preludio prende dieci minuti pressoché esatti: stavolta l’impianto sonoro è più solenne, forse addirittura più curato, con caratteri più vicini (soprattutto nelle sezioni strumentali) alla classica NWOBHM. Ecco, questo è un comeback che valeva la pena vedere! Più che per gli amanti degli Iron Maiden, per quelli dei Black Sabbath.
(Pure Steel) Preceduto di una sola settimana dalla raccolta “Ashes to Ashes”, recensita QUI, arriva il nuovo album di inediti dei britannici Sacrilege: il sound della band sembra essersi ancora incupito rispetto al passato, e il risultato finale è oscuro e dannato come non mai. Il disco si apre e si chiude con una cadenzata e horrorifica “Death March 666”: in mezzo, nove brani bui e spesso proprio tendenti al doom. Molto ritmata, quasi alla Candlemass, “Welcome to the Dragons Den”: il riff di base è genuinamente anni ’80. Opprimente la strofa di “Lucifer’s Soldiers”; doom puro e sabbathiano, saldamente ancorato agli anni ’70, con la lunga “In Hell”, con un ritornello urlato semplice quanto efficace. Ipnotico il riff di “Forever after”; “Paranoia” si volge all’acustico senza cambiare le coordinate del sound. L’apice del disco è naturalmente costituito dalla suite “Eyes of the Lord”, che assieme al suo preludio prende dieci minuti pressoché esatti: stavolta l’impianto sonoro è più solenne, forse addirittura più curato, con caratteri più vicini (soprattutto nelle sezioni strumentali) alla classica NWOBHM. Ecco, questo è un comeback che valeva la pena vedere! Più che per gli amanti degli Iron Maiden, per quelli dei Black Sabbath.
(René Urkus) Voto: 7,5/10
 
 



