(Autoproduzione) San Antonio nel Texas è un luogo da cui spesso si sente arrivare qualcosa di estremo. E’ proprio il Texas ad avere qualcosa di selvaggio ed irruento e questo non lo si avverte solo nella musica. Voglio dire che il Texas non è solo Pantera o Absu, ma anche Tobe Hooper (regista di “Non Aprite Quella Porta”) oppure lo scrittore John Lansdale e fermiamoci qui. Terra selvaggia, quella del vecchio West e terra ospitale per la creatività di Marlon Friday e Lyle Cooper, altri due nuovi estremisti. Il primo è chitarra, basso e voce, il secondo è il batterista, il quale a qualcuno sarà noto per le sue performance con The Faceless e Hordes Of The Morning Star e quest’anno con “Illusory” è al suo terzo album realizzato. I due si esprimo attraverso questo debut con la chiara intenzione di pestare rabbiosamente, secondo la tradizione grindcore ma inserendo elementi crust e blackened death metal. Ciò che ne viene fuori è una violenza che a più riprese in passaggi spietatamente lucidi e in grado di rivelare un ordine compositivo per niente caotico. Il grindcore c’è nelle sue caratteristiche accelerazioni ed è connesso da ponti realizzati con riff adrenalinici in totale hardcore e crust style e che servono ad allacciarsi poi a quelle parti più tipicamente metal, di tipo thrash, death e black metal. L’idea degli Absvrdist  è buona perché permette alla band di non essere solo una band grindcore. Rafforzano il valore di questo “Illusory” anche alcuni pezzi che presentano un songwriting diverso dal resto dei pezzi, come la sinistra, inquietante e torbida “Brood”, la camaleontica “Abstract Absurdities”, l’istrionica “Funny Games”. A pensarci bene però la capacità di inserire tutti gli elementi di un metal estremo, attraverso una produzione ottima, e che girano nel metal al giorno d’oggi è quanto meno diffusa in tutti i quindici pezzi. “Illusory” non ha un sound dozzinale, il tocco negli strumenti è definito ed efficace e sentire un certo grado di precisione compositiva in questi risvolti estremi del metal non è poi da tutti. E’ un album inaspettato perché messo in piedi da un batterista che ha già un riguardosa esperienza e da un altro musicista che praticamente non ha un curriculum. Il risultato è un sound estremo, selvaggio e lucido. Un sound figlio del Texas!

(Alberto Vitale) Voto: 8/10