copaeonsgate(The Church Within Records) Onestamente (ma sarà un mio limite personale) non capisco operazioni come questa degli Aeonsgate, progetto doom capitanato da Mats Levén (per chi non lo sapesse, attuale cantante dei Candlemass). Il loro debut “Pentalpha” contiene un solo pezzo di 59 minuti e 52 secondi! Ora, mi chiedo: ma voi ce li avete in una giornata 59 minuti e 52 secondi consecutivi da dedicare solo agli Aeonsgate? E dopo una buona mezzora (se non prima), la vostra attenzione non cala inevitabilmente? Lungi da me dire che “Pentalpha” sia un brutto disco/brano, ma se fosse stato diviso anche solo in quattro tracce (perché si possono, e facilmente, riconoscere almeno quattro movimenti diversi nel fiume di doom riversato dagli altoparlanti), avrei potuto fruirne in modo più semplice e credo anche più coinvolgente… La intro presenta, in successione, tastiere minimali e un passaggio parlato adagiato su rumore di pioggia e melodie di violino. Poi parte lentamente il brano vero e proprio: ispiratissimo Mats nei primi passaggi in maestoso crescendo, tanto che verso il minuto 5’30’’ aleggia per un attimo il fantasma di Ronnie James Dio. La strumentazione elettrica subentra poco dopo, verso 7’, prima con riverberi e distorsioni, e poi con un lungo, magistrale passaggio così candlemassiano che mi sono venuti i brividi. I due brevi assoli verso la metà di questo brano nel brano (siamo attorno al minuti 21’ e 23’) riverberano di Sabbath e di anni ’70: qui e lì, del resto, fa capolino anche un organo mefistofelico. Attorno al minuto 29’, la chitarra riparta in una escursione solitaria incredibilmente psichedelica; quindi il pezzo, pur mantenendo lo stesso riff portante, si fa più pesante e fumoso, ai confini con lo stoner. Si arriva così fino a 40’: solo qui il brano cambia, passando ad atmosfere vagamente horror, di nuovo indirizzate a suoni acustici e più rarefatti. Ma la nuova ripartenza, con annesso solo riverberante, è ad appena un paio di minuti: c’è tempo anche per un assolo di synth (siamo a 49’, che fatica!) e per un ultimo, fluviale, protagonismo di chitarra, poi il disco si chiude così come era iniziato. Insomma, in “Pentalpha” di doom ce n’è quanto ne volete, forse anche troppo: se amate perdervi nella musica del destino, questo è il vostro album…

(René Urkus) Voto: 7/10