(earMUSIC) Il titolo e non da meno il contenuto di questo ultimo album di Alice Cooper, vuole essere un omaggio alla scena musicale di Detroit. Registrato con il produttore Bob Ezrin (produttore per lavori com “The Wall” dei Pink Floyd e “Berlin” di Lou Reed, tra gli altri) anche lui di Detroit, l’album ha ricevuto i contributi di Wayne Kramer (chitarrista degli MC5), Johnny “Bee” Badanjek (batterista dei Detroit Wheels), Paul Randolph (bassista jazz e R&B) il collettivo Motor City Horns più altri musicisti e tutti di Detroit come i precedenti summenzionati. L’unico tra i musicisti ad avere messo piede nello studio di registrazione Rustbelt di Royal Oak, quartiere di Detroit ovviamente, e a non essere della città è stato Joe Bonamassa, nonché il chitarrista Tommy Henriksen noto collaboratore di Alice Cooper. Bonamassa è chitarrista e bluesman della costa orientale, Stato di New York, ed esegue un brano che funge da opener dell’album, “Rock ‘n’ Roll”. Questo pezzo è di una band della città più nota dello stato dal quale proviene Bonamassa, i newyorkesi The Velvet Underground. La canzone è l’anello di congiunzione tra Cooper, Ezrin e Reed. Nel 1971 Alice Cooper lavorava con la sua band a Detroit insieme ad Ezrin e nello stesso periodo il produttore lavorò a un rifacimento di “Rock ‘n’ Roll” di una band chiamata Detroit (Mitch Ryder, Johnny Bee e Steve Hunter). Tale registrazione venne poi apprezzata da Lou Reed che lo spinse a lavorare appunto con Ezrin. Per inciso Lou Reed e Cooper si conoscevano già dalla fine degli anni ’60, all’epoca del Chelase Hotel. Tornando a “Detroit Stories”, quanto ruota attorno alla cover dei The Velvet Underground è l’unico strappo alla regola del ‘Made in Detroit’ voluta da Alice Cooper e Ezrin. Onorando aspetti musicalmente rilevanti nati in città, “Detroit Stories” diventa un ventaglio di soluzioni che si apre per quindici pezzi. Il soul (“$1000 High Heel Shoes “), il pop (“Our Love Will Change The World” dei Outrageous Cherry), blues (“Drunk And In Love “) e il garage rock (“East Side Story”) oltre al punk ovviamente. “Our Love Will Change The World” è un brano dall’andatura british, un pop-rock datato quanto allegro e vivace con il suo ritornello immediato e di fatto Alice Cooper lo elegge a singolo apripista. “I Hate You” ha qualcosa degli Stooges, nati non lontano da Detroit. Voce in buona forma iper Alice Cooper, una delle ultime vere star del rock. Mai banale eppure mai veramente sopra le righe, lui che parla come se fosse il vicino di casa, magari l’amico con il quale chiacchieri al pub che taglia corto su ogni tema con il proprio sincero punto di vista. Lui è ancora un rocker di alto livello e a 73 anni da poco compiuti non è da dare per scontato.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10