(Season of Mist) Dieci anni di storia e terzo imponente album. È difficile star dietro ai tedeschi Alkaloid, la loro musica è complessa, contorta, imprevedibile, è sempre racchiusa in album con durate importanti i quali tuttavia offrono sempre un ascolto sempre avvincente, spesso assurdamente catchy. Il loro genere viene riassunto con la definizione ‘progressive death metal’, ma c’è molto di più in questo “Numem”: c’è rock, c’è prog, c’è metal classico, ci sono divagazioni atmosferiche e c’è pure doom, e poi ambient, blues, jazz… il tutto in un incedere sempre teatrale, coinvolgente, maestosamente stupefacente. Ma questa maestria non viene sicuramente per caso, visto che la band è formata da membri di entità quali Triptykon, Obsidious, Eternity’s End, Obscura e pure gli ormai scomparsi Dark Fortress… con Morean -il loro ultimo frontman- incaricato proprio di chitarra e voce. Ormai dichiaratamente liberi da ogni costrizione appartenente al metal estremo, genere nel quale tutti i membri hanno già avuto lunghe ed importanti esperienze, gli Alkaloid vogliono uscire da ogni nicchia, abbracciando il prog inteso proprio come illimitata ampiezza di sonorità ed influenze, senza un particolare confine, scatenando ogni forma di complessità, di virtuosismo, di pazzia creativa. Ci riescono? Diavolo, si! “Numen” lo prova in maniera inconfutabile. È tra dark, black e heavy metal “Qliphosis”, una opener che fin da subito rivela la fantasia della band: un brano che è d’esempio per tutto il (doppio) disco, offrendo metal, rock, divagazioni verso chitarre virtuose, voce growl e clean, dell’elettronica viaggiando su territori tech speed metal… ricavando pure un ben definito ambito jazz. “The Cambrian Explosion” è pura genialità, “Clusterfuck” è energia pura… con un refrain maledettamente catchy. Imprevedibile “A Fool’s Desire”, favoloso l’intermezzo di chitarra classica rappresentato da “The Black Siren”. La title accompagna -anzi trascina- attraverso labirinti ricchi di misticismo, mentre pezzi come “Recursion“ vogliono esaltare i lati più violenti della contorta fantasia musicale della band. Seducente “The Folding”, prima dell’imponente e conclusiva “Alpha Aur”, un capolavoro di progressione musicale capace di offrire su un piatto d’argento quasi tutte le ispirazioni dalle quali gli Alkaloid amano farsi attrarre. Nemmeno i testi prevedono confini: creazione di elementi e di universi, divinità metafisiche immaginarie, l’intero spazio che diventa osservatore di tutto quello che contiene, di tutto quello che esiste, che nasce, che pulsa, che vive e che si dissolve. Morean, in questo spazio, immagina dei miceli panspermici senzienti avvolti in una cattiveria lovecraftiana, mentre si cerca di aspirare ad un più alto livello di coscienza, di status divino, per il controllo assoluto dello spazio, del tempo oltre a tutto quello che queste dimensioni riescono a contenere. Oltre settanta minuti di musica ispirata, tanto estrema quando eclettica, tanto aggressiva quanto poetica. Un album immenso, tanto corposo quanto fruibile dal primo all’ultimo minuto!

(Luca Zakk) Voto: 9/10