(Kscope Music) Secondo chi scrive, gli Anathema hanno già detto quanto potevano dire, quindi valutare ora un nuovo album di rivisitazioni, dopo “Hindsight” del 2008, diventa eccessivo per il sottoscritto. Riconosco ai Cavanagh di essere stati abili a evolversi, definendo un sound in continua progressione e al giorno d’oggi lo stile degli Anathema è un dato di fatto. Pur riconoscendo alcuni debiti stilistici verso i Pink Floyd, ma in particolare verso David Gilmour e ad alcune correnti psych-rock dell’ultimo decennio, sempre a giudizio di chi scrive queste righe. Attingono da “Crestfallen”, con la titketrack e “Everwake”, il loro meraviglioso EP dei primordi e poi da “Serenades”, “Petecost III”, “The Silent Enigma”. Rivisitazioni docili, sognanti, espressive ma, nella sostanza, poco differenti dalle originali oppure banalmente riarrangiate orchestralmente: perchè a volte diventa banale mettere i pezzi semplicemente in mano ad un parterre di musicisti classici. I nuovi Anathema che guardano in faccia i vecchi, ma con momenti di incertezza, “Alone” e “Everwake” (con Anneke Van Giersbergen) sono simili alle versioni precedenti, “Crestfallen” ritrova un robusto rifacimento di archi, perde la voce dell’allora singer Darren J. White, ma segna un buon risultato alla fine. Poi c’è “J’ai Fait une Promesse”, rivista anche lei con l’orchestra: il risultato è struggente, ma provate a dire che l’originale abbia di meno rispetto a questa versione sinfonica del 2011. Anche “They Die” è stata scorporata di ogni qualsiasi distorsione e lasciata ad una rivisitazione di pianoforte e orchestra. “Sleep in Sanity” invece mostra più elementi tipici degli ultimi Anathema. In conclusione le idee ci sono, ma alcuni risultati sono discutibili. Gli Anathema restano una band di rispetto, ma non è questo “capriccio” che si sono concessi a offrirgli altra gloria. Magari lo faranno i fans più stretti.

(Alberto Vitale) voto: 6/10