copannihilator(UDR) Difficile giudicare gli Annihilator. Difficile giudicare un genio come Jeff Waters. Ma veramente trovo difficile capire questo “Feast”. Feast, banchetto, un banchetto di musica thrash riciclata, già sentita. Certo, ci sono i riff di Jeff, i suoi assoli fulminei, la sua tecnica. Ma il risultato di questo nuovo lavoro, il quattordicesimo, mi lascia spiazzato, confuso. Deluso. Certo, l’album è ben registrato, ben suonato, e ci sono diverse componenti valide, ma la sensazione generale è di roba già sentita. La opener sembra materiale rubato agli Slayer (e Dave Padden sembra cantare come Araya). “No Way Out” è un thrash anonimo, anche se reso più brillante dall’efficace chitarra. “Smear Campaign” risolleva un po’ le sorti, ha un cantato efficace, ma risulta comunque priva di particolare innovazione e non toglie quel senso di “già sentito”. Diversa “No Surrender”, che parte con una impostazione funk per poi farsi progressivamente sempre più violenta, includendo anche una sezione atmosferica, inquietante, che innalza il brano fino ad ottimi livelli. In tempi antichi era costume confrontare lato A e B di un vinile. Se “Feast” fosse su un supporto simile, potrei dire che le cose cambiano proprio sul lato B. Cambia tutto. Sembra “un altro” album, e questo va a penalizzare la fluidità del lavoro, dimostrando che non c’è una vera direzione musicale globale. Questo lato B inizia con una power ballad. Certo, forse qualcosa di troppo mellifluo per chi cerca un thrash grintoso, tagliente e tecnico. Ma l’arpeggio di questo pezzo è bellissimo, e le capacità canore di Dave si innalzano, rivelando calore, sentimento ed un’ottima passione esecutiva. “Demon Code” riporta un po’ di gloria, di suoni antichi, di tecnica accelerata, ricca di dettagli di chitarra, basso e batteria, ricca della fantasia tipica di Jeff. “Fight The World” è uno di quei brani mitici che inizia dolce, tranquillo, melodico, lasciando però trapelare inquietudine, ansia, paura, sentimenti che poi sfociano in un torrente di violenza sonora, tempi veloci e tecnica sopraffina. Ci sento davvero il tocco di una mente che ha contribuito a scrivere pagine essenziali del thrash. Bella anche la conclusiva “One Falls, Two Rise”, piena di cadenza, di energia, di chitarra virtuosa, con un outro stupendo. Gli Annihilator ci sono ancora, certo, ma non sembrano capaci di mettere insieme un disco degno della loro storia e delle loro capacità. Ci sono cose belle. Ci sono istanti meravigliosi ma fin troppo diluiti dentro un contesto anonimo. Il senso globale è quello di un disco che non desidererò riascoltare tra 10 o 20 anni. Nemmeno tra 10 o 20 giorni. Un vero peccato.

(Luca Zakk) Voto: 5,5/10