copAnnihilator(UDR) Nuova fatica per gli Annihilator, a due anni di distanza dal precedente “Feast”, album dalle sonorità prettamente thrash old school che ha raccolto buoni consensi da parte dei fans, che nonostante la scarsa originalità dei brani, hanno gradito l’aggressività sprigionata da essi. Un lavoro ben curato anche dal punto di vista vocale, con un Dave Padden autore finalmente di una buona prova, dopo alcune prestazioni anonime negli albums precedenti. Sono rimasto sorpreso del fatto che proprio Dave sia uscito dal gruppo, proprio ora che sembrava avesse trovato una propria personalità. Il leader della band Jeff Waters non si è perso d’animo, decidendo di tornare dietro al microfono, oltre ad occuparsi delle parti di chitarra e basso, come già aveva fatto ai tempi del discreto “King Of The Kill”, mentre alla batteria troviamo nuovamente Mike Harshaw. L’album suona incredibilmente fresco e sicuramente meno mono direzionale, rispetto al precedente; non mancano certamente le sfuriate thrash, ma questa volta sono mediate da soluzioni melodiche che richiamano talvolta l’ottimo “Set The World On Fire”, disco criticato quando è uscito a causa di una vena più hard rock rispetto ai precedenti, più thrash oriented. La title track, che apre quest’album, richiama proprio le parti vocali della canzone “Set World On Fire”, mentre il riffing è monolitico, con aperture melodiche, nell’inconfondibile stile di Jeff Waters. “My Revenge” è decisamente più furiosa, un thrash metal tout court dal riff portante e dalle linee vocali molto simili a quelle di “Damage Inc.” dei Metallica. “Snap” ha un cantato estremamente melodico, quasi radiofonico, con Jeff che pur non possedendo sicuramente una grandissima voce, riesce a trovare melodie incredibilmente catchy. “Creepin’ Again” è aperta da un arpeggio sinistro ed oscuro, che lascia posto ad un riffone incalzante, che richiama talvolta la bellissima “Brain Dance”, mentre la voce, aggressiva nelle strofe, si fa più dolce nel ritornello. “Narcotic Avenue” è thrash senza fronzoli, dal riff pestato, con le aperture melodiche che abbiamo imparato ad apprezzare su “Never, Neverland”. “The One You Serve” è il mio pezzo preferito, dove si alternano parti che ricordano “The Fun Palace” ad altre cadenzate e pesantissime, cantato aggressivo e melodico, arpeggi sognanti e parti rocciose. Ancora sfuriate thrash su “Break, Enter”, caratterizzata da assoli minimali che ricordano gli Slayer e riffs ai limiti dello speed. “Death Scent” è più monolitica, dall’incedere quasi industrial accostabile al periodo di “Remains”, anch’esso un album dove Jeff ha fatto praticamente tutto da solo, avvalendosi di una drum machine. Arpeggi delicati, alternati a parti distorte molto orecchiabili per “Every Minute”, pezzo che chiude un album intriso dallo stile inconfondibile impresso da Jeff Waters alla sua creatura.

(Matteo Piotto) Voto: 8/10