(Prophecy Productions) Quinto album ma il primo con la prestigiosa Prophecy Productions, etichetta che sembra metter sotto contratto ogni act capace di uscire dal coro, di suonare poco convenzionale, anche se indiscutibilmente estremamente efficace. Un disco pulsante questo “The Stillness of Dissolution”, decisamente energetico, super coinvolgente: riff trainanti, incalzanti, lacerati da linee vocali maligne… una cosa che mi ricorda -nonostante i generi diversi- capolavori come “Heartwork” dei Carcass. Tutto ciò che nasce vale la pena che perisca: è questo il mantra che aleggia sopra queste sei poderose tracce, sempre caratterizzate da mid tempo seducenti, melodie accattivanti e linee vocali che fanno venire la pelle d’oca, incutendo paura, terrore e -come se non bastasse- tanta ansia, alimentando l’inevitabile ritorno dell’ordine verso la pazzia del caos, il tutto annegato nel vuoto, nella nera assenza di luce. C’è del black, c’è del black’n’roll, c’è del metallo classico, c’è pure una manciata di DSBM diluito nell’atmosfera del blackgaze: la proposta del duo australiano è decisamente variegata, ma assolutamente compatta, diretta, poderosa. Brani quali “Dissolved Exile” offrono un groove attraente, una dimensione melodica sconvolgente, sempre con quelle vocals lontane da qualsivoglia stimolo vitale. Granitica e con un invito perverso all’headbanging “Time Awry”, più ‘black’ “Redolent Foulness”, anche se emergono quelle meravigliose clean vocals ipnotiche. Epica e decadente “The Downfall”, travolgente “Rusted Veins”, prima della maestosa e conclusiva “Storm within My Heart”, un brano che torna alle radici del black, alla velocità, ai suoni estremi, ad una violenza musicale comunque ricercata ed intelligente. Un disco che si fa ascoltare con magnetismo, che provoca, che attira, che delizia, che stimola nonostante la sua intrinseca assenza di luce, la sua profonda appartenenza alle tenebre.

(Luca Zakk) Voto: 9/10