(Cruz del Sur) Sono passati ben quattro anni da “Blood of Legends”, ed è tempo per i BattleroaR di tornare alla carica con quello che, nel bene e nel male, è certamente il loro disco più epico e monolitico: gli ultimi residui power del sound sono scomparsi, ed ormai siamo in presenza di un epic/doom che ha fatto del mid-tempo la propria legge…  Glorioso come non mai il ritornello di “We shall conquer”, brano di sorprendente epicità sui ritmi cadenzati cui ci ha abituato la band: la ‘novità’ (il violino è praticamente scomparso) sono i cori in sottofondo, che contrastano con le chitarre impostatissime e la voce dura di Gerrit Mutz. L’inconfondibile voce di Mark Shelton, che già aveva collaborato con la band in occasione del leggendario “Age of Chaos”, ci accoglie all’inizio di “Sword of the Flame”, brano in lento crescendo con una accelerazione finale che ricorda quella di “Finis Mundi”. Se possibile, l’epicità sale ancora nel refrain della stentorea “Chronicles of Might”, ma il top deve ancora arrivare… gli otto minuti e trenta di “The Doom of Medusa” sono il non plus ultra del Battleroar sound: la canzone sembra portare ogni elemento al massimo, epicità, lentezza doomegiante, pathos, cori, marzialità dell’interpretazione di Gerrit… il punto di rottura è lì a un passo, ma se amate questo tipo di epic metal c’è da profondersi in lunghi applausi! “Kings of Old” assume a tratti un’aria medievale… o magari l’aria di un brano di Basil Poledouris, indimenticato autore di colonne sonore ad alto tasso di epicità; in chiusura abbiamo “Enchanting Threnody”, che dopo una intro mediorientale vive di chitarre molto ritmate e imponenti. Forse un filo inferiore al suo predecessore, “Codex Epicus” è in ogni caso quanto di più epico possiate trovare in circolazione al momento: e come i BattleroaR, ormai, non suona più nessuno alla fine di questi anni ’10…

(René Urkus) Voto: 7,5/10